America hai capito male: la monarchia inglese sa entrare da sola nel 21° secolo...
L’occasione di osservare la vostra immagine attraverso il filtro degli occhi altrui, ha un sapore vagamente inquietante, seppur, a volte, prometta affascinanti rivelazioni.
Certo, è un po’ come origliare alla porta, può essere rischioso; potreste penosamente scoprire che siete stati del tutto fraintesi, una cosa francamente esasperante. Vorreste magari subito intervenire: “No, fermi, avete tratto conclusioni del tutto sbagliate!”.
É andata un pò così, in occasione del matrimonio tra il principe Harry e Meghan Markle - chiamandoli con i nomi pre-nuziali. Per noi, sulla sponda orientale dell’Atlantico, il loro matrimonio è apparso come un’impeccabile espressione del meglio che sa offrire il Regno Unito; l’elegante fusione dell’etichetta di corte con l’istinto; l’armonia tra il genio istituzionale della monarchia, perfezionato nel corso di un millennio, e l’amore incantevolmente palpabile tra due giovani.
Dall’altra sponda dell’oceano, però, pur ammirando lo spettacolo, i nostri cugini americani hanno raccontato una storia diversa. Alcuni telecronisti statunitensi, infatti, hanno dipinto l’attuale neo-duchessa del Sussex come una sorta di ambasciatrice del Nuovo Mondo in missione di soccorso al Vecchio Mondo; un’inviata il cui celestiale messaggio di integrazione e tolleranza potrà salvare un sistema ormai condannato dalla discordia e dal suo malcelato razzismo.
Il New York Times è noto per essere un autentico caposaldo delle istituzioni, così consolidato nell’establishment da essere chiamato Gray Lady (La Gran Signora in Grigio - ndt). Ebbene, il celebre giornale sostiene che, per traghettare la monarchia inglese nel ventunesimo secolo, c’è voluta “un’attrice americana, di tre anni più grande dello sposo, ‘birazziale’ (definizione della stessa Markle - ndt), divorziata e con l’abitudine di dichiarare apertamente quel che pensa”.
In franchezza, trovo questa visione dei fatti piuttosto irritante. Tanto per cominciare, torna facile alla memoria il fatto che la famiglia reale, qualche tempo fa, ha festeggiato il matrimonio di un erede alla corona con una donna già divorziata, anche lei più anziana dello sposo. La donna era Camilla, che dieci anni or sono sposò il padre di Harry, con esiti pienamente soddisfacenti.
Per quanto riguarda, invece, la scottante questione “razza”… beh, è singolare ricevere lezioni sul razzismo da una nazione dove uno dei suoi stati, il Mississippi, ha abolito ufficialmente la schiavitù solo nel 2013.
Mi succedeva, a volte, di soffermarmi a riflettere su questo argomento, quando ero editore dei necrologi al Telegraph. Raccontavamo le vite di individui americani nati all’epoca della segregazione razziale. Per loro, la divisione tra bianchi e neri non era stata una leggenda, o un racconto nefasto preso dai libri di storia, come la peste nera; si era trattato di un’esperienza che avevano vissuto realmente, nella loro vita.
Tuttavia, devo ammetterlo, questa può sembrare la reazione piccata di chi origlia una conversazione e ne resta offeso. Noi inglesi, per dirla tutta, non dovremmo risentirci se gli americani approfittano di quest’occasione speciale per ingigantirne il significato, e per attribuirle una smisurata e granitica rilevanza. Indubbiamente, noi ci siamo comportati allo stesso modo quando il presidente Obama inaugurò il suo mandato: partimmo a caccia di ridicole implicazioni, risultate poi tutte sbagliate.
Entrambe le nostre grandi nazioni lo sanno molto bene: le migliori istituzioni non si lasciano affatto trascinare, contro la loro volontà, nell’era moderna. Scelgono loro quando adattarsi ai tempi. Sono consapevoli dei cambiamenti che mettono in atto. E quando non si riesce a condurre il gioco, il prezzo da pagare è alto. Provate a chiedere a Marie-Antoinette[1]…
La storia del Regno Unito non è certo impeccabile. Ma un salto indietro, nelle testimonianze storiche, ci mostra che questo paese, da nord a sud, è perfettamente preparato a porgere la mano dell’amicizia, senza però rinnegare la propria identità; è disposto ad accogliere nuovi popoli e nuove ideologie, ma non abbandona i valori che ritiene fondamentali; il paese è naturalmente predisposto a sostenere prospettive esterne, pur essendo un’isola.
Insomma, ringraziamo gli americani, ma siamo perfettamente in grado, per conto nostro, di fondere integrazione e tolleranza con la nostra tradizione e la nostra identità. Anzi, è proprio questa attitudine il fulcro della nostra grandezza, ciò che ci ha consentito di crescere, prosperare, adattarci ai cambiamenti dei tempi, per poi prosperare e crescere ancora. Se non fossimo stati così, saremmo andati avanti a tentoni.
Possono testimoniare in nostro favore gli ugonotti, o gli ebrei: per loro l’Inghilterra ha rappresentato un rifugio sicuro per oltre 350 anni. La regina Vittoria, forte emblema di quell’istituzione monarchica che qualcuno pensa abbia urgente bisogno di rinnovamento, concedeva agli ebrei la nomina a ‘Cavalieri’ e ‘Pari’ della corona già intorno al 1830.
Ciò accadeva non molto tempo prima che Benjamin Disraeli (ebreo sefardita – ndt) diventasse primo ministro. Da allora tale incarico è stato assunto anche da due donne, appartenenti addirittura al partito conservatore. Suonerebbe meschino, a questo punto, fare un paragone di genere tra i capi del governo inglese e quelli della Casa Bianca?
Forse sì…
Vale però la pena precisare che per un’istituzione come la nostra monarchia possedere ampie e solide fondamenta non costituisce affatto un ostacolo, bensì il punto di forza per poter “dare una svolta”, come direbbero informalmente gli americani. Se la famiglia reale fosse così debole da cambiare la propria natura a causa della semplice aggiunta di un nuovo componente, allora non avrebbe mai potuto resistere come ha fatto sino ad oggi. Sicuramente sarebbe stata da tempo spazzata via, come una foglia al vento.
Insomma, chi sarà ad avere un’influenza e un impatto maggiore? E su chi in particolare? Accadrà veramente che “l’attrice americana, di tre anni più anziana (di Harry), ‘birazziale’, divorziata e ben esplicita riguardo le proprie opinioni” andrà a trasformare radicalmente la famiglia di cui ora fa parte? O forse, non appare più verosimile che Meghan troverà semplice ambientarsi, in virtù del suo istinto di scena, della sua maturità, della generosità di spirito che dimostra e, in fondo, grazie anche alla sua schiettezza?
L’Inghilterra ha già una volta sperimentato uno ‘splendido isolamento’, alla fine del diciannovesimo secolo. Non funzionò affatto. Il paese si accorse presto che non era sulla strada giusta e si adoperò per tornare a relazioni esterne di mutuo scambio con tutti. Gli Stati Uniti furono subito l’interlocutore favorito. Fu allora che si decise di creare un’alleanza transatlantica unica ed esclusiva.
La “relazione speciale” suggellata con il matrimonio di Harry e Meghan è stata frutto di quel passato che ci unisce agli americani, non un indispensabile aggiornamento del presente. Invece di un’infusione di modernità, si è trattato della realizzazione di qualcosa di completamente nuovo, scaturito dalla nostra lunga storia e dalla fiducia che ne è derivata, con esperienze che anno dopo anno hanno costituito un bastione tanto solido quanto le fondamenta del castello di Windsor.
[1] Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena, moglie di Luigi XVI, fu ghigliottinata a seguito della Rivoluzione francese - ndt.
© Telegraph Media Group Limited (2018)
America hai capito male: la monarchia inglese sa entrare da sola nel 21° secolo...
L’occasione di osservare la vostra immagine attraverso il filtro degli occhi altrui, ha un sapore vagamente inquietante, seppur, a volte, prometta affascinanti rivelazioni.
Certo, è un po’ come origliare alla porta, può essere rischioso; potreste penosamente scoprire che siete stati del tutto fraintesi, una cosa francamente esasperante. Vorreste magari subito intervenire: “No, fermi, avete tratto conclusioni del tutto sbagliate!”.
É andata un pò così, in occasione del matrimonio tra il principe Harry e Meghan Markle - chiamandoli con i nomi pre-nuziali. Per noi, sulla sponda orientale dell’Atlantico, il loro matrimonio è apparso come un’impeccabile espressione del meglio che sa offrire il Regno Unito; l’elegante fusione dell’etichetta di corte con l’istinto; l’armonia tra il genio istituzionale della monarchia, perfezionato nel corso di un millennio, e l’amore incantevolmente palpabile tra due giovani.
Dall’altra sponda dell’oceano, però, pur ammirando lo spettacolo, i nostri cugini americani hanno raccontato una storia diversa. Alcuni telecronisti statunitensi, infatti, hanno dipinto l’attuale neo-duchessa del Sussex come una sorta di ambasciatrice del Nuovo Mondo in missione di soccorso al Vecchio Mondo; un’inviata il cui celestiale messaggio di integrazione e tolleranza potrà salvare un sistema ormai condannato dalla discordia e dal suo malcelato razzismo.
Il New York Times è noto per essere un autentico caposaldo delle istituzioni, così consolidato nell’establishment da essere chiamato Gray Lady (La Gran Signora in Grigio - ndt). Ebbene, il celebre giornale sostiene che, per traghettare la monarchia inglese nel ventunesimo secolo, c’è voluta “un’attrice americana, di tre anni più grande dello sposo, ‘birazziale’ (definizione della stessa Markle - ndt), divorziata e con l’abitudine di dichiarare apertamente quel che pensa”.
In franchezza, trovo questa visione dei fatti piuttosto irritante. Tanto per cominciare, torna facile alla memoria il fatto che la famiglia reale, qualche tempo fa, ha festeggiato il matrimonio di un erede alla corona con una donna già divorziata, anche lei più anziana dello sposo. La donna era Camilla, che dieci anni or sono sposò il padre di Harry, con esiti pienamente soddisfacenti.
Per quanto riguarda, invece, la scottante questione “razza”… beh, è singolare ricevere lezioni sul razzismo da una nazione dove uno dei suoi stati, il Mississippi, ha abolito ufficialmente la schiavitù solo nel 2013.
Mi succedeva, a volte, di soffermarmi a riflettere su questo argomento, quando ero editore dei necrologi al Telegraph. Raccontavamo le vite di individui americani nati all’epoca della segregazione razziale. Per loro, la divisione tra bianchi e neri non era stata una leggenda, o un racconto nefasto preso dai libri di storia, come la peste nera; si era trattato di un’esperienza che avevano vissuto realmente, nella loro vita.
Tuttavia, devo ammetterlo, questa può sembrare la reazione piccata di chi origlia una conversazione e ne resta offeso. Noi inglesi, per dirla tutta, non dovremmo risentirci se gli americani approfittano di quest’occasione speciale per ingigantirne il significato, e per attribuirle una smisurata e granitica rilevanza. Indubbiamente, noi ci siamo comportati allo stesso modo quando il presidente Obama inaugurò il suo mandato: partimmo a caccia di ridicole implicazioni, risultate poi tutte sbagliate.
Entrambe le nostre grandi nazioni lo sanno molto bene: le migliori istituzioni non si lasciano affatto trascinare, contro la loro volontà, nell’era moderna. Scelgono loro quando adattarsi ai tempi. Sono consapevoli dei cambiamenti che mettono in atto. E quando non si riesce a condurre il gioco, il prezzo da pagare è alto. Provate a chiedere a Marie-Antoinette[1]…
La storia del Regno Unito non è certo impeccabile. Ma un salto indietro, nelle testimonianze storiche, ci mostra che questo paese, da nord a sud, è perfettamente preparato a porgere la mano dell’amicizia, senza però rinnegare la propria identità; è disposto ad accogliere nuovi popoli e nuove ideologie, ma non abbandona i valori che ritiene fondamentali; il paese è naturalmente predisposto a sostenere prospettive esterne, pur essendo un’isola.
Insomma, ringraziamo gli americani, ma siamo perfettamente in grado, per conto nostro, di fondere integrazione e tolleranza con la nostra tradizione e la nostra identità. Anzi, è proprio questa attitudine il fulcro della nostra grandezza, ciò che ci ha consentito di crescere, prosperare, adattarci ai cambiamenti dei tempi, per poi prosperare e crescere ancora. Se non fossimo stati così, saremmo andati avanti a tentoni.
Possono testimoniare in nostro favore gli ugonotti, o gli ebrei: per loro l’Inghilterra ha rappresentato un rifugio sicuro per oltre 350 anni. La regina Vittoria, forte emblema di quell’istituzione monarchica che qualcuno pensa abbia urgente bisogno di rinnovamento, concedeva agli ebrei la nomina a ‘Cavalieri’ e ‘Pari’ della corona già intorno al 1830.
Ciò accadeva non molto tempo prima che Benjamin Disraeli (ebreo sefardita – ndt) diventasse primo ministro. Da allora tale incarico è stato assunto anche da due donne, appartenenti addirittura al partito conservatore. Suonerebbe meschino, a questo punto, fare un paragone di genere tra i capi del governo inglese e quelli della Casa Bianca?
Forse sì…
Vale però la pena precisare che per un’istituzione come la nostra monarchia possedere ampie e solide fondamenta non costituisce affatto un ostacolo, bensì il punto di forza per poter “dare una svolta”, come direbbero informalmente gli americani. Se la famiglia reale fosse così debole da cambiare la propria natura a causa della semplice aggiunta di un nuovo componente, allora non avrebbe mai potuto resistere come ha fatto sino ad oggi. Sicuramente sarebbe stata da tempo spazzata via, come una foglia al vento.
Insomma, chi sarà ad avere un’influenza e un impatto maggiore? E su chi in particolare? Accadrà veramente che “l’attrice americana, di tre anni più anziana (di Harry), ‘birazziale’, divorziata e ben esplicita riguardo le proprie opinioni” andrà a trasformare radicalmente la famiglia di cui ora fa parte? O forse, non appare più verosimile che Meghan troverà semplice ambientarsi, in virtù del suo istinto di scena, della sua maturità, della generosità di spirito che dimostra e, in fondo, grazie anche alla sua schiettezza?
L’Inghilterra ha già una volta sperimentato uno ‘splendido isolamento’, alla fine del diciannovesimo secolo. Non funzionò affatto. Il paese si accorse presto che non era sulla strada giusta e si adoperò per tornare a relazioni esterne di mutuo scambio con tutti. Gli Stati Uniti furono subito l’interlocutore favorito. Fu allora che si decise di creare un’alleanza transatlantica unica ed esclusiva.
La “relazione speciale” suggellata con il matrimonio di Harry e Meghan è stata frutto di quel passato che ci unisce agli americani, non un indispensabile aggiornamento del presente. Invece di un’infusione di modernità, si è trattato della realizzazione di qualcosa di completamente nuovo, scaturito dalla nostra lunga storia e dalla fiducia che ne è derivata, con esperienze che anno dopo anno hanno costituito un bastione tanto solido quanto le fondamenta del castello di Windsor.
[1] Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena, moglie di Luigi XVI, fu ghigliottinata a seguito della Rivoluzione francese - ndt.
© Telegraph Media Group Limited (2018)
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