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Arte per tutti con i fondi di investimento

Madelaine D’Angelo, 30 anni, laureata ad Harvard in gestione museale, ha lavorato per anni in varie gallerie d’arte negli Stati Uniti, affiancando i collezionisti nelle loro scelte d’acquisto. La domanda che più spesso le viene rivolta è: “Ho fatto un buon investimento?”. Altrettanto spesso la risposta di Madelaine è un garbato “no”. A quel punto il malcapitato risponde: “Ma io ho diversificato!”. Allora, Madelaine deve spiegare che quando si tratta di arte, diversificare diventa un concetto abbastanza evanescente. Piuttosto, aggiunge lei, occorre analizzare grandi quantità di dati sulla storia commerciale di ogni artista, di ogni gruppo di artisti, secondo le diverse epoche, e studiare la correlazione con gli andamenti delle altre forme di investimento, oltre che dell’economia in generale.

La carenza di analisi finanziarie relative al mercato dell’arte è ciò che ha spinto Madelaine e suo fratello Michael, 27 anni, a creare, nel 2014, il fondo di investimenti Arthena, nel quale confluisce un database di 18 milioni di compravendite relative ad opere d’arte, oltre alle informazioni storiche essenziali di ogni opera (quelle che solitamente sono esposte nei musei a fianco di ogni quadro o scultura). Il sistema dovrebbe consentire di effettuare scelte di investimento più ponderate di quelle che può ottenere un esperto d’arte sulla sola scorta delle sue conoscenze e della sua esperienza personale, per quanto vasta. Collaborando con gestori di grandi patrimoni famigliari, con investitori istituzionali e con banche tradizionali, Arthena ha confezionato diversi fondi di investimento dedicati all’arte, alcuni ad alto rischio, poiché incentrati su artisti emergenti, altri a minor rischio, in quanto orientati ad artisti noti, dal moderno al contemporaneo.

La principale critica che viene rivolta ad Arthena è quella di ridurre una materia intrinsecamente soggettiva e complessa, come l’arte, a una semplice questione di numeri. Inoltre, dal momento che le opere d’arte restano sempre conservate dentro magazzini o caveau ad alta sicurezza, e non fisicamente trasferite nelle case o negli uffici privati dei compratori, viene meno la ragione principale del collezionismo: il piacere della vista, la contemplazione dell’opera. I due gestori ribattono osservando che il loro meccanismo abbassa la soglia di accesso al mercato dell’arte e consente di diversificare gli investimenti senza dover sostenere l’onere di allestire una vera e propria collezione, con tutti i costi e i rischi connessi (assicurazione, trasporto, sistema di allarme, ecc.).

Ad oggi, solo gli investitori accreditati presso la SEC americana (l’equivalente della Consob italiana) possono investire nei fondi di Arthena. Si tratta di banche, società finanziare registrate, fondi Tfr, enti di beneficienza. Le persone fisiche sono ammesse solo se dispongono di un patrimonio finanziario di almeno 1 milione di dollari o un reddito superiore a 200mila dollari (300mila se si tratta di una coppia). L’investimento medio per ogni opera d’arte si aggira intorno ai diecimila dollari.

Secondo un’indagine condotta dalla Deloitte nella prima metà del 2017, i fondi dedicati all’arte hanno in attivo asset globali per circa 830 milioni di dollari, contro i 1200 del 2015. Infatti, circa l’80% dei gestori di patrimoni privati ritiene che questi fondi siano ancora troppo opachi e privi di adeguata regolamentazione pubblica.

Arthena acquista opere d’arte sui vari mercati internazionali, le copre con una polizza assicurativa e le immagazzina in depositi blindati e sorvegliati. La maggior parte dei suoi fondi ha un orizzonte temporale tra 5 e 10 anni, mentre il rendimento medio obiettivo si colloca tra il 12,5 e il 15,5%, racconta Madelaine D’Angelo.

L’ingresso sul mercato di Arthena coincide con un vero e proprio boom nelle quotazioni di arte moderna e contemporanea: due settimane or sono, l’unica opera di Leonardo che sia di proprietà privata, il “Salvador Mundi”, è stata venduta da Christie’s alla cifra record di 450 milioni di dollari. Allo stesso tempo, le vendite di Sotheby sono in crescita del 31% rispetto al 2016, con particolare enfasi nel campo dell’arte contemporanea.

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