I proprietari di prime case saranno gli unici a dover versare ancora l’imposta sul patrimonio
In Francia, dal 1989 esiste l'ISF (impôt de solidarité sur la fortune), una tassa che colpisce la parte di patrimonio personale (finanziario e/o immobiliare) che supera 1,3 milioni di euro. L'aliquota varia tra lo 0,5% e l'1,5%. Ora, il presidente Macron intende modificare l'ISF escludendo dall'imponibile il patrimonio finanziario (azioni, fondi comuni, ecc.). Uno dei massimi economisti francesi, Pascal Salin, di orientamento liberale, interviene sulla questione con considerazioni molto interessanti.
nota della redazione
Come da programma, Emmanuel Macron vuole sopprimere l’ISF, ovvero l’imposta patrimoniale, per la sola parte relativa alle attività finanziarie, ma mantenerla sugli immobili. Questa proposta è tanto più criticata in quanto da molto tempo in Francia è opinione comune – ma assolutamente erronea - che il capitale sia meno tassato del lavoro. A questo, si aggiunge l’attuale diffuso pregiudizio ideologico contro il capitalismo. In tale situazione, affermare che il capitale è sovratassato - come sostiene l’autore di queste righe - può sembrare strano. Eppure è così.
La tradizionale teoria economica secondo la quale esisterebbero due categorie di fattori produttivi (oltre alle risorse naturali e alla terra), vale a dire il lavoro e il capitale, deve essere rimessa in discussione. Poiché, in realtà, esiste un’unica fonte di ricchezza, lo spirito umano, capace di immaginare e di creare, quindi di mettere in opera “l’azione umana” (per citare il titolo del capolavoro dell’economista austriaco Ludwig von Mises). Ora, fra le ricchezze create dall’azione umana, ve ne sono alcune che vengono consumate subito – vale a dire distrutte dall’uso – e altre che invece vengono reintrodotte nel ciclo dei processi produttivi, alle quali diamo il nome di “capitale”. Nel processo di realizzazione dell’azione umana, il capitale non è dunque che un intermediario fra lo sforzo iniziale dello spirito umano - quello che possiamo chiamare il lavoro - e la fase finale del consumo, quella che procura soddisfazioni. Tassando il capitale o i suoi redditi, si impone un ulteriore prelievo fiscale su tutti coloro che scelgono di investire sul futuro. Così, chi consuma tutti i suoi introiti paga l’imposta sui redditi una volta sola (prima di consumare), mentre chi risparmia una parte dei suoi redditi paga la tassa due volte (prima di risparmiare e quando percepisce i guadagni del suo risparmio). Questa situazione è tanto più grave in quanto molti altri tributi obbligatori – per esempio i contributi sociali – costituiscono ulteriori prelievi sui redditi.
I sistemi fiscali, dunque, penalizzano duramente la scelta di investire nel futuro, cioè l’accumulo di capitali. Ma la sovratassazione del capitale è legata anche al fatto che su di esso gravano numerose imposte (sul possesso, sul rendimento, o sul suo trasferimento): per esempio le imposte sulle plusvalenze, i diritti di successione, le imposte di registro sui trasferimenti immobiliari, e naturalmente l’ISF. Questo è molto grave, perché è l’accumulazione del capitale che consente la crescita e il miglioramento delle condizioni di vita di ognuno di noi. Ecco perché sarebbe bene sopprimere tutte le imposte che colpiscono in modo specifico il capitale, nonché realizzare una riforma che l’autore di queste righe promuove da lungo tempo: una riforma che introduca una “imposta sulla spesa globale”, vale a dire un’imposta che dia ai contribuenti la possibilità di dedurre il risparmio dall’imponibile dell’attuale imposta sui redditi. Se vogliamo evitare che il sistema fiscale sia eccessivamente arbitrario, dobbiamo fare riferimento alla logica dell’azione umana. L’essere umano agisce in modo da accrescere le proprie soddisfazioni. Ma ogni individuo deve fare una scelta di base: consumare subito il frutto delle proprie attività produttive per avere soddisfazioni nel presente – soddisfazioni di tipo soggettivo – oppure utilizzare le risorse prodotte per reintrodurle nel processo produttivo e ottenere soddisfazioni maggiori in futuro. Sarebbe dunque decisamente sensato eliminare l’ISF, perché questa imposta punisce chi si impegna a risparmiare invece che consumare tutte le proprie risorse. Inoltre, aumenta la sovratassazione del capitale, causando un rallentamento dell’attività economica.
Emmanuel Macron intende togliere l’imposta sugli investimenti “produttivi” (cioè quelli finanziari – NdT) per farla gravare esclusivamente sul patrimonio immobiliare. Mantenendo quindi una tassazione altamente iniqua sui beni immobili, ivi comprese le prime case. Ora, è assurdo ritenere che un bene immobile non sia un’attività “produttiva”: esso produce soddisfazioni (per esempio per chi vive in una casa di sua proprietà). Per quanto riguarda le attività tradizionalmente considerate produttive, la loro funzione è produrre beni che daranno anch’essi delle soddisfazioni ai loro proprietari, ed è solo in questo senso che le si può ritenere “produttive”. In realtà, la finalità ultima delle attrezzature di un’impresa o dei beni immobiliari “attivi” è la stessa: procurare soddisfazioni agli esseri umani (e quelle date da una prima casa sono particolarmente importanti). Quello che si deve fare, quindi, non è introdurre una disuguaglianza fra i beni immobiliari “produttivi” e le attività finanziarie altrettanto “produttive”, ma eliminare le disuguaglianze esistenti fra chi risparmia e chi non risparmia. Bisogna dunque eliminare l’ISF e sostituire l’imposta sui redditi con la tassa sulla spesa globale (ma anche diminuire – se non eliminare del tutto – il carattere progressivo dell’imposta sui redditi). Solo così si potranno ottenere una maggiore uguaglianza fiscale e un’economia più fiorente.
(Pascal Salin è professore onorario di economia all’università Paris-Dauphine, ex presidente della Mont Pélerin Society e autore de “La tirannia fiscale” - Parigi, Odile Jacob Edizioni, 2014)
© Pascal Salin, 2017, Le Figaro
I proprietari di prime case saranno gli unici a dover versare ancora l’imposta sul patrimonio
In Francia, dal 1989 esiste l'ISF (impôt de solidarité sur la fortune), una tassa che colpisce la parte di patrimonio personale (finanziario e/o immobiliare) che supera 1,3 milioni di euro. L'aliquota varia tra lo 0,5% e l'1,5%. Ora, il presidente Macron intende modificare l'ISF escludendo dall'imponibile il patrimonio finanziario (azioni, fondi comuni, ecc.). Uno dei massimi economisti francesi, Pascal Salin, di orientamento liberale, interviene sulla questione con considerazioni molto interessanti.
nota della redazione
Come da programma, Emmanuel Macron vuole sopprimere l’ISF, ovvero l’imposta patrimoniale, per la sola parte relativa alle attività finanziarie, ma mantenerla sugli immobili. Questa proposta è tanto più criticata in quanto da molto tempo in Francia è opinione comune – ma assolutamente erronea - che il capitale sia meno tassato del lavoro. A questo, si aggiunge l’attuale diffuso pregiudizio ideologico contro il capitalismo. In tale situazione, affermare che il capitale è sovratassato - come sostiene l’autore di queste righe - può sembrare strano. Eppure è così.
La tradizionale teoria economica secondo la quale esisterebbero due categorie di fattori produttivi (oltre alle risorse naturali e alla terra), vale a dire il lavoro e il capitale, deve essere rimessa in discussione. Poiché, in realtà, esiste un’unica fonte di ricchezza, lo spirito umano, capace di immaginare e di creare, quindi di mettere in opera “l’azione umana” (per citare il titolo del capolavoro dell’economista austriaco Ludwig von Mises). Ora, fra le ricchezze create dall’azione umana, ve ne sono alcune che vengono consumate subito – vale a dire distrutte dall’uso – e altre che invece vengono reintrodotte nel ciclo dei processi produttivi, alle quali diamo il nome di “capitale”. Nel processo di realizzazione dell’azione umana, il capitale non è dunque che un intermediario fra lo sforzo iniziale dello spirito umano - quello che possiamo chiamare il lavoro - e la fase finale del consumo, quella che procura soddisfazioni. Tassando il capitale o i suoi redditi, si impone un ulteriore prelievo fiscale su tutti coloro che scelgono di investire sul futuro. Così, chi consuma tutti i suoi introiti paga l’imposta sui redditi una volta sola (prima di consumare), mentre chi risparmia una parte dei suoi redditi paga la tassa due volte (prima di risparmiare e quando percepisce i guadagni del suo risparmio). Questa situazione è tanto più grave in quanto molti altri tributi obbligatori – per esempio i contributi sociali – costituiscono ulteriori prelievi sui redditi.
I sistemi fiscali, dunque, penalizzano duramente la scelta di investire nel futuro, cioè l’accumulo di capitali. Ma la sovratassazione del capitale è legata anche al fatto che su di esso gravano numerose imposte (sul possesso, sul rendimento, o sul suo trasferimento): per esempio le imposte sulle plusvalenze, i diritti di successione, le imposte di registro sui trasferimenti immobiliari, e naturalmente l’ISF. Questo è molto grave, perché è l’accumulazione del capitale che consente la crescita e il miglioramento delle condizioni di vita di ognuno di noi. Ecco perché sarebbe bene sopprimere tutte le imposte che colpiscono in modo specifico il capitale, nonché realizzare una riforma che l’autore di queste righe promuove da lungo tempo: una riforma che introduca una “imposta sulla spesa globale”, vale a dire un’imposta che dia ai contribuenti la possibilità di dedurre il risparmio dall’imponibile dell’attuale imposta sui redditi. Se vogliamo evitare che il sistema fiscale sia eccessivamente arbitrario, dobbiamo fare riferimento alla logica dell’azione umana. L’essere umano agisce in modo da accrescere le proprie soddisfazioni. Ma ogni individuo deve fare una scelta di base: consumare subito il frutto delle proprie attività produttive per avere soddisfazioni nel presente – soddisfazioni di tipo soggettivo – oppure utilizzare le risorse prodotte per reintrodurle nel processo produttivo e ottenere soddisfazioni maggiori in futuro. Sarebbe dunque decisamente sensato eliminare l’ISF, perché questa imposta punisce chi si impegna a risparmiare invece che consumare tutte le proprie risorse. Inoltre, aumenta la sovratassazione del capitale, causando un rallentamento dell’attività economica.
Emmanuel Macron intende togliere l’imposta sugli investimenti “produttivi” (cioè quelli finanziari – NdT) per farla gravare esclusivamente sul patrimonio immobiliare. Mantenendo quindi una tassazione altamente iniqua sui beni immobili, ivi comprese le prime case. Ora, è assurdo ritenere che un bene immobile non sia un’attività “produttiva”: esso produce soddisfazioni (per esempio per chi vive in una casa di sua proprietà). Per quanto riguarda le attività tradizionalmente considerate produttive, la loro funzione è produrre beni che daranno anch’essi delle soddisfazioni ai loro proprietari, ed è solo in questo senso che le si può ritenere “produttive”. In realtà, la finalità ultima delle attrezzature di un’impresa o dei beni immobiliari “attivi” è la stessa: procurare soddisfazioni agli esseri umani (e quelle date da una prima casa sono particolarmente importanti). Quello che si deve fare, quindi, non è introdurre una disuguaglianza fra i beni immobiliari “produttivi” e le attività finanziarie altrettanto “produttive”, ma eliminare le disuguaglianze esistenti fra chi risparmia e chi non risparmia. Bisogna dunque eliminare l’ISF e sostituire l’imposta sui redditi con la tassa sulla spesa globale (ma anche diminuire – se non eliminare del tutto – il carattere progressivo dell’imposta sui redditi). Solo così si potranno ottenere una maggiore uguaglianza fiscale e un’economia più fiorente.
(Pascal Salin è professore onorario di economia all’università Paris-Dauphine, ex presidente della Mont Pélerin Society e autore de “La tirannia fiscale” - Parigi, Odile Jacob Edizioni, 2014)
© Pascal Salin, 2017, Le Figaro
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