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«I russi non sono responsabili di tutti i nostri guai!»

La paranoia degli occidentali: pensano che la Russia sia all’origine dei loro profondi mali politici attuali, mentre in realtà essa non fa altro che mettere il dito in una piaga già esistente.

L’affaire Skripal – ovvero l’avvelenamento con gas nervino Novichok (ndt) dell’agente dopopiogiochista russo Sergei Skripal, e di sua figlia Yulia, su suolo britannico – non ha forse scatenato un effetto valanga e provocato una forma di isteria antirussa in Occidente?

La domanda sorge spontanea leggendo un editoriale di El Pais, uno dei principali quotidiani spagnoli, secondo cui desta preoccupazione la prospettiva che, all’indomani delle elezioni europee previste a maggio 2019, si possa arrivare alla formazione, “sotto l’egida della Russia”, di un “Parlamento europeo antieuropeo” che potrebbe “provocare cinque anni di caos a Bruxelles”.

Secondo il giornalista madrileno, il “dispositivo tecnologico a fini di ingerenza” allestito dai russi, ha già in passato “contribuito a destabilizzare, tra gli altri, il Regno Unito della Brexit, l’Italia della Lega Nord e la Spagna della crisi indipendentista catalana”. Tutto ciò è assurdo! L’indipendentismo catalano e la Lega Nord italiana prosperavano ben prima che Putin si insediasse al Cremlino. Erano già molto forti nel 1996, all’epoca in cui gli occidentali - prima di chiudere gli occhi sulla fraudolenta rielezione di Boris Eltsin alla presidenza della Russia - finanziavano massicciamente la sua campagna elettorale.

Per quanto concerne la Brexit, il principale sostenitore è stato Boris Johnson, ed è difficile ricordare al Foreign Office un Segretario per gli Affari esteri più antirusso di lui.

Se l’Unione europea non funziona bene oggi, la colpa non è da attribuirsi ai “perfidi” russi, bensì agli stessi europei!

Si è anche arrivati a dire che l’ascesa di Donald Trump alla Casa Bianca è imputabile alla Russia di Vladimir Putin. Ma è davvero possibile credere che i russi siano responsabili della frustrazione politica espressa dagli operai bianchi americani? Sono forse i russi ad aver suggerito agli Stati Uniti un sistema elettorale grazie al quale è possibile diventare presidente con 3 milioni di voti in meno del proprio avversario? Bisogna guardare le cose per quello che sono: la carriera professionale, la notorietà e l’ascesa politica di Donald Trump sono fenomeni essenzialmente americani. E il fatto che egli continui ad essere popolare in seno all’elettorato repubblicano non ha niente a che fare con Mosca.

La Russia non è certo innocente. Ma farla diventare il capro espiatorio di ogni nostro male è semplicemente ridicolo. Che essa stia tentando di sviluppare una strategia di influenza in Occidente, esattamente come l’Occidente ha sempre fatto con l’Oriente, è del tutto evidente. Considerando le cattive condizioni della sua economia - il cui peso relativo su scala mondiale è oggi inferiore rispetto ai tempi dell’URSS - la Russia non può far altro che tentare di preservare il suo posto nel mondo con i mezzi rimasti a sua disposizione: il nucleare; la capacità di proiezione militare all’estero; i cyber-attacchi, con cui i russi sono stati in grado di rivolgere le armi digitali contro chi le ha inventate, ovvero l’Occidente.

Nell’era della globalizzazione e dei social network mondiali, è davvero difficile sfuggire alle guerre d’influenza di una nazione contro le altre. In fin dei conti, postare propaganda politica su un social network non ha nulla di illegale. Non si può negare che i russi abbiano condotto notevoli “sforzi digitali” contro la campagna presidenziale di Hillary Clinton. Ma questo ha davvero contribuito a sbilanciare tre Stati chiave della repubblica federale contro di lei? È discutibile.

Quando si parla di una democrazia illiberale come la Russia, è necessario restare lucidi e freddi. Essa è lungi dall’essere perfetta, ma è comunque necessario evitare di gettarla tra le braccia della Cina. Sarebbe invece opportuno incoraggiarla a confluire nella “casa comune europea” (come auspicava Gorbaciov…). Mi chiedo: è lecito pensare che il Cremlino abbia dato l’ordine di giustiziare, in modo abbastanza “esplicito”, un ufficiale del GRU (Direttorato principale per l’Informazione delle Forze armate russe – ndt) che aveva venduto al nemico decine di suoi compagni? Forse. L’elevato livello di corruzione esistente in Russia potrebbe aver indotto lo “zar” Putin a diffondere un messaggio forte e chiaro: ai traditori, ovunque essi si nascondano, riserviamo il destino più crudele.

Rivoluzioni

Questo “incidente” doveva restare nell’ambito dei servizi di intelligence. È cosa grave che invece esso si sia trasformato in una crisi diplomatica prolungata. Inoltre, la percezione che l’Occidente e la Russia hanno l’uno dell’altro continua a peggiorare, il che è pericoloso. Ed è deplorevole che questa cappa di paranoia abbia guastato le loro relazioni.

Da una parte, troviamo la paranoia di Putin, il quale ritiene che l’Occidente abbia volutamente ordito - contro la Russia - le “rivoluzioni colorate” in seno alle ex-Repubbliche sovietiche (rivoluzione delle rose in Georgia nel 2003, rivoluzione arancione in Ucraina nel 2004, rivoluzione dei tulipani in Kirghizistan nel 2005, manifestazioni “Euromaidan” di Kiev nel 2014). In realtà sono state rivoluzioni spontanee, senza alcun intervento segreto concordato tra Washington, Londra e Parigi. Il fatto che alcune fondazioni politiche occidentali siano in seguito intervenute in appoggio di quelle rivolte popolari è un altro discorso.

Dall’altra, invece, abbiamo la paranoia degli occidentali, convinti che la Russia sia all’origine dei loro profondi mali politici, mentre essa, in realtà, non fa altro che mettere il dito in una piaga già esistente.

Sgonfiare questa paranoia bilaterale rappresenta una sfida storica nella quale potrebbe avere un ruolo di rilievo il presidente francese Emmanuel Macron, soprattutto in vista delle sue prossime ed importanti visite a Washington nel mese di aprile e a San Pietroburgo nel mese di maggio.

© Renaud Girard, 2018, Le Figaro