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I tecnocrati vogliono farvi credere che il mondo in cui viviamo è troppo complesso per la democrazia

In politica non esiste il progresso stabile, ma solo un deprimente e infinito circolo vizioso. Democrazia e libertà sono conquiste inevitabilmente vulnerabili e provvisorie, messe sempre in discussione da personaggi potenti e apparentemente intelligenti, e quindi continuamente a rischio di essere sovvertite.

Nell’antichità, la Repubblica di Platone ci implorava di avere fiducia nei re filosofi, perché erano gli unici ad avere accesso alla vera saggezza; come scrisse Karl Popper oltre duemila anni più tardi, l’ingegneria sociale tanto amata da Platone ha contribuito ad alimentare le ideologie totalitarie del XX secolo. Nel Medio Evo, il popolo inglese doveva ubbidire a sovrani più canonici, poiché il diritto di regnare era stato loro concesso da Dio, anche se, in seguito, la Magna Carta, il Bill of Rights e la common law avrebbero limitato in larga misura il potere dei monarchi britannici.

Nel Settecento, agli inglesi veniva chiesto di fidarsi dell’aristocrazia perché il popolo non sapeva leggere, ma presto in molti impararono a farlo e alla fine votarono per i Conservatori. Nell’Ottocento, la scusa era che concedere il voto ai poveri avrebbe condotto al comunismo (i bastian contrari non avevano previsto la democrazia thatcheriana basata sulla proprietà), senza contare i pretesti patetici per non estendere il suffragio alle donne. Talvolta, la destra e la sinistra si sono alternate nel ruolo di avversarie e paladine della democrazia.

Oggi, a guidare la carica sono i ceti che si proclamano post-liberali, apparentemente centristi: devastati dalla Brexit, molti sostengono apertamente che gli elettori britannici siano troppo stupidi o prevenuti perché si possa affidare loro il futuro del paese. Per costoro, il vero potere dovrebbe essere detenuto da un gruppo ristretto di funzionari, membri di organi “indipendenti” o di comitati non eletti dal popolo. Una Banca d’Inghilterra autonoma non basta: adesso è necessario “spoliticizzare” tutto il resto, compreso il Servizio sanitario nazionale, per fare in modo che sia messo al riparo dal popolo.

La Brexit doveva rappresentare il rifiuto definitivo di questo incubo tecnocratico, ma ormai è sempre più evidente che il governo di Theresa May sta per sprecare un’occasione unica per rimettere in sesto la democrazia britannica. Al contrario, i burocrati sono tornati in sella con le loro vuote “previsioni”, le quali, in modo del tutto scontato, ci dicono che l’unica Brexit possibile è una continua e lenta discesa verso il nulla.

Ebbene sì, la democrazia ha dei difetti e fidarsi del popolo è rischioso, ma l’alternativa è un governo d’élite, una situazione ancora più pericolosa. Non c’è nessuno che controlli i controllori, i quali non devono quindi mai rispondere delle proprie azioni, neanche quando provocano crisi finanziarie e guerre.

Questa recente e piuttosto diffusa idea antidemocratica ruota attorno al problema della complessità: il mondo è troppo difficile, troppo interconnesso per poter essere compreso dalla gente comune, incolta e indaffarata. Non è solo una questione di droni, di intelligenza artificiale o di false notizie sui social media; il motivo risiede nel fatto che oggi, a quanto ci dicono, operiamo in un ambiente iper-regolamentato, dove servono degli avvocati per interpretare le leggi e decidere cosa si può o non si può fare e dove è necessario possedere un dottorato per poter calcolare costi e benefici.

Prendiamo ad esempio la Brexit: ci assicurano che non può concretizzarsi veramente o, quand’anche essa dovesse avverarsi, l'uscita dalla Ue non servirebbe a nulla. Il popolo è impotente, perché la politica è stata abolita a tutti gli effetti. L’ordine tecnocratico creato da infiniti trattati e decreti ha come conseguenza che gli aerei cadranno giù dal cielo o le medicine non si troveranno più in farmacia se solo avremo l’ardire di distruggere una delle varie parti dell’edificio costruito senza il nostro consenso. Un lento e ottuso processo amministrativo ha rimpiazzato i vecchi sistemi decisionali e ora siamo intrappolati definitivamente in questo meccanismo, o almeno così vorrebbero farci credere i burocrati. E poi ci sono le regole dei diritti umani. Ci servono super avvocati e super economisti.

Sono tutte sciocchezze deleterie. La semplice forza della volontà politica democratica, in particolare quella di un’economia grande e solida come la Gran Bretagna, avrà sempre la meglio su quella di ordinamenti artificiali e legalistici, soprattutto di quelli illegittimi come l’Unione europea. La legittimazione (politica – ndt) è ancora più importante rispetto a epoche precedenti e meno consumistiche. I paesi possono staccarsi dall’Unione, le regole possono essere violate, tutto può cambiare, e spesso è così. La stessa Ue lo ha dimostrato quando ha aggirato o infranto la legge per eludere i referendum, autorizzare i salvataggi bancari o facilitare il quantitative easing.

Con una leadership e una visione adeguate, il Regno Unito potrebbe agevolmente spianarsi la strada per uscire dall’Europa; l’idea che siamo condannati a seguire per sempre un sistema che non vogliamo più è la grande “nobile menzogna” platonica del nostro tempo. Si tratta di un inganno e il nostro governo semplicemente non ha la forza di volontà per provare il contrario. Tuttavia, con una giusta dose di leadership e di forza, una soluzione negoziata sarebbe ancora possibile e, se anche non lo fosse, potremmo recuperare in poco tempo.

Sì, viviamo in un mondo più complicato. Ma ciò non significa che le nostre istituzioni debbano cercare di imitare questa complessità o nascondersi dietro di essa. Al contrario, dovrebbero cercare di andare nella direzione opposta. Tutte le decisioni, grandi o piccole, dovrebbero essere rese chiare e comprensibili all’opinione pubblica, oltre che sottoposte a un libero dibattito. Rispetto all’attuale stato di caos, ci sono modi migliori, meno stranianti e più sostenibili per organizzare le relazioni economiche internazionali secondo i principi del libero scambio.

Maggiore è la complessità, più semplici e trasparenti devono essere le regole del gioco e tanto più i politici devono cercare l’approvazione dell’elettorato. Ci servono più, e non meno, controlli e contrappesi. La soluzione è assolutamente opposta al “sistema” attuale.

La realtà è che la maggior parte degli inglesi reagirebbe con rabbia se la Brexit fosse bloccata o snaturata e cercherebbe di sottrarre una quota ancora maggiore di scelte pubbliche al naturale processo democratico. La furia dei cittadini britannici sarebbe incontenibile e potrebbe mettere a rischio l’intero ordine costituito.

Diventeremmo come la Francia o la Polonia, o il sempre più numeroso elenco di paesi che, a differenza del Regno Unito, votano in misura crescente per partiti davvero estremisti. Nascerebbero nuovi partiti populisti, collocati all’estrema sinistra e all’estrema destra: il collasso della Brexit renderebbe - paradossalmente - il nostro sistema politico molto più “europeo”.

Per i Conservatori la posta in gioco è elevata. Potrebbero essere accusati di sabotare la Brexit, spianando così la strada a Jeremy Corbyn e distruggendo la tradizione liberale del nostro sistema politico. Se i Conservatori hanno un qualche senso della Storia e dei propri doveri, devono obbligare il governo a ritrovare un po’ di intraprendenza.


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