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Il consumo di notizie online nel mondo

Nei giorni scorsi l’agenzia Reuters – o più esattamente il Reuters Institute for the Study of Journalism – ha pubblicato la sesta edizione annuale della sua ricerca sul consumo dei media online, “Digital News Report”. L’indagine cerca di misurare i comportamenti di consumo dei lettori di news online, e i loro giudizi sulle maggiori fonti online esistenti. La ricerca, condotta tra gennaio e febbraio di quest’anno, è stata realizzata intervistando, via internet, 70mila persone in 36 paesi del mondo, tra cui l’Italia.

Alcuni elementi che emergono dall’indagine sono di sicuro interesse, non solo per chi opera in questo settore, ma per chiunque usi il web giornalmente. Proviamo a riassumere in pochi punti le principali conclusioni.

Anzitutto, almeno in alcuni paesi, la crescita nella fruizione di news tramite i social media sta diventando piatta. Al contrario, si registra un incremento della fruizione di news tramite le applicazioni di messaggistica, che hanno caratteristiche di maggior privacy e non sono soggette agli algoritmi progettati per filtrare automaticamente le notizie. In alcuni paesi, l’uso di Whatsapp per seguire le news sta raggiungendo o surclassando Facebook, come in Malesia, Brasile e Spagna. In Italia, si tratta di un fenomeno ancora molto marginale.

Solo un quarto degli intervistati ritiene che i social media rispettino la separazione tra fatti e opinioni, mentre nel campo delle testate tradizionali tale valore sale al 40%. Sembra che questa scarsa fiducia nei social sia da attribuire alla mancanza di regole legali a loro carico e alla diffusione di sistemi informatici che favoriscono la diffusione di fake news. Comunque, la maggior fiducia nelle fonti di informazione è al livello più alto in Finlandia, mentre è al minimo in Grecia e Corea del Sud.

La sfiducia nei mass media sembra che vada di pari passo con la presenza di una forte polarizzazione politica in alcuni paesi, come in Italia, Stati Uniti e Ungheria. Viceversa, minore la polarizzazione, maggiore la fiducia.

Gli smartphone stanno diventando sempre più il canale privilegiato per leggere le news. Le notifiche push via cellulare sono crescenti negli Stati Uniti (+8%), in Corea del Sud (+7%) e in Australia (+4%). In particolare, due aggregatori di news per i terminali mobili, ovvero Apple News e Snapchat Discover (più diffuso tra i giovani), hanno raddoppiato gli utenti in un solo anno. L’uso degli smartphone per leggere le news tende a crescere in alcune occasioni della giornata, vale a dire quando alla sera ci si ritira a letto, mentre tende a calare durante lo spostamento per andare al lavoro.

Le notizie a pagamento hanno ancora pochi abbonati, considerato che in media solo il 13% degli intervistati paga per questi servizi. I paesi meglio disposti verso le notizie pay sono quelli dell’area scandinava, mentre i più refrattari sono quelli del sud Europa, soprattutto Italia e Grecia, oltre a quelli asiatici. Va segnalato che negli Stati Uniti vi è stata un’impennata (dal 9% al 16%) degli abbonamenti alle news online, probabilmente dovuta all’effetto Trump, in parallelo ad una moltiplicazione per tre delle microdonazioni online a favore di varie testate finanziate in questo modo (Wikipedia, per esempio). Il New York Times, il Wall Street Journal e il settimanale The New Yorker hanno registrato un notevole aumento dei loro abbonati online, compreso tra +500mila del NYT e +200mila del New Yorker. Casi di grande successo che molti altri editori vorrebbero emulare…

Gli italiani si confermano, insieme ai tedeschi, come il popolo ancora maggiormente legato alla fonte televisiva, mentre gli svizzeri e gli austriaci sono assai più legati alla carta stampata.

Considerando tutti i paesi, il web in genere e i social media, come vie di accesso alle news, trovano larga adesione tra i giovani, mentre coloro che hanno più di 55 anni preferiscono la televisione.

L’incidenza degli aggregatori automatici di notizie è ormai molto alta: il 55% degli intervistati preferisce questo tipo di fonti agli aggregatori editoriali, cioè i siti delle testate giornalistiche tradizionali. La quantità di notizie offerta dai servizi automatici evidentemente surclassa la maggior qualità di selezione fornita dalle redazioni classiche.

Un aspetto particolarmente interessante, peraltro affrontato in punti diversi della ricerca, riguarda il rapporto tra le idee politiche degli intervistati e le loro preferenze di consumo. Gli intervistati che si auto identificano come maggiormente orientati a sinistra seguono politici della loro area di riferimento in maggior numero rispetto a quanto fanno gli intervistati di area “destra” (20% contro 12%). Dunque, i primi sono maggiormente “impegnati” e coinvolti rispetto ai secondi, caratterizzati da un approccio più soft e distaccato rispetto al mondo della politica.

Negli Stati Uniti, la fiducia nei mass media in genere, come fonte di informazione, raggiunge il 51% degli intervistati di area progressista, mentre tra i conservatori la fiducia scende al 20% (d’altronde, è noto che la maggior parte dei mass media, in tutti i paesi, è collocata nella parte sinistra dello schieramento politico). Sempre negli Stati Uniti, la propensione a pagare per news online è ben più alta tra gli intervistati di area progressista (29% di loro ha pagato almeno una volta un servizio news online negli ultimi mesi) rispetto a coloro che si collocano nell’area conservatrice (11%), mentre fra i centristi la percentuale è del 15%. Purtroppo, non sono presenti analoghi dati per quanto concerne gli europei e gli italiani in particolare; tuttavia, è improbabile che lo scenario in queste aree sia molto diverso da quanto emerge in America (ciò vale soprattutto per il nostro paese, simile agli Stati Uniti per il forte grado di polarizzazione dell’opinione pubblica).

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