Il libro che scuote la Casa Bianca (ma che potrebbe rafforzare Trump)
Si intitola “Fear: Trump in the White House” e prima ancora di uscire, ha già venduto un milione di copie, diventando il quinto best seller di Amazon di quest’anno. L’autore, 75 anni e due premi Pulitzer alle spalle, è Bob Woodward, famoso giornalista del Washington Post che negli anni Settanta, insieme a Carl Bernstein, scoprì le trame di Nixon passate alla storia come il caso Watergate.
In 448 pagine, Woodward racconta il primo anno e mezzo dell’amministrazione Trump, con una serie di aneddoti abbastanza incredibili: dalle offese al capo dello staff, che Trump avrebbe definito “un topo”, fino agli insulti rivolti al ministro della Giustizia, Jeff Sessions.
Trump si è scagliato più volte su Twitter contro Woodward, definendolo un bugiardo. D’altronde, l’impulsività e il senso di superiorità di Trump, insieme alle dimissioni di non pochi suoi collaboratori, rendono apparentemente plausibili i racconti del giornalista.
“Fear” descrive la Casa Bianca come una gabbia di matti, guidata da un mezzo squilibrato che con il suo comportamento avrebbe rischiato più volte di scatenare serie crisi diplomatiche con altri paesi. Secondo Woodward, nel periodo di massima tensione con la Corea del Nord, quando Trump definì Kim Jong-un “piccolo Rocket Man”, il presidente avrebbe rischiato di scatenare una guerra nucleare con un tweet, poi rimasto nel cassetto, in cui annunciava il ritiro di tutti i civili americani dalla Corea del Sud.
In un’altra occasione, sempre secondo Woodward, Trump fece capire al suo staff che era intenzionato ad abbandonare l’accordo di libero scambio Nafta e un analogo accordo vigente con la Corea del Sud, gettando così nel panico il suo consigliere economico, Gary Cohn. Atterrito, il consigliere avrebbe fatto sparire tutti i documenti dal tavolo di Trump per evitare che ricordasse i due dossier e procedesse con la revoca. Se il racconto fosse vero vorrebbe dire che il presidente non è padrone della situazione e viene gestito come un pupazzo. Un’ipotesi ben poco plausibile, visto che Trump è stato imprenditore di successo per molti decenni e non pare proprio una marionetta in mano ad altri. Peraltro, lo stesso Cohn ha in seguito detto che Woodward “non ha descritto in modo accurato la mia esperienza di Consigliere alla Casa Bianca”.
La reazione ufficiale della presidenza è giunta a settembre, quando la portavoce di Trump, Sarah Huckabee Sanders, ha dichiarato che “questo libro non è altro che una collezione di storie inventate, molte delle quali create da alcuni ex collaboratori del presidente, indispettiti per essere stati licenziati, al solo scopo di metterlo in cattiva luce”.
In effetti, sono già una decina i collaboratori di Trump che hanno pubblicamente preso le distanze dal libro, dichiarando che i fatti descritti da Woodward sono inventati di sana pianta. In definitiva, è molto probabile che l’operazione editoriale risulti alla fine un successo commerciale ma anche un boomerang politico, rafforzando la sensazione che Trump sia attaccato da larga parte dei media statunitensi sulla base di pregiudizi infondati. Il che può facilmente tradursi in maggiori probabilità di una sua rielezione nel 2020.
© 2018, Thema International
Il libro che scuote la Casa Bianca (ma che potrebbe rafforzare Trump)
Si intitola “Fear: Trump in the White House” e prima ancora di uscire, ha già venduto un milione di copie, diventando il quinto best seller di Amazon di quest’anno. L’autore, 75 anni e due premi Pulitzer alle spalle, è Bob Woodward, famoso giornalista del Washington Post che negli anni Settanta, insieme a Carl Bernstein, scoprì le trame di Nixon passate alla storia come il caso Watergate.
In 448 pagine, Woodward racconta il primo anno e mezzo dell’amministrazione Trump, con una serie di aneddoti abbastanza incredibili: dalle offese al capo dello staff, che Trump avrebbe definito “un topo”, fino agli insulti rivolti al ministro della Giustizia, Jeff Sessions.
Trump si è scagliato più volte su Twitter contro Woodward, definendolo un bugiardo. D’altronde, l’impulsività e il senso di superiorità di Trump, insieme alle dimissioni di non pochi suoi collaboratori, rendono apparentemente plausibili i racconti del giornalista.
“Fear” descrive la Casa Bianca come una gabbia di matti, guidata da un mezzo squilibrato che con il suo comportamento avrebbe rischiato più volte di scatenare serie crisi diplomatiche con altri paesi. Secondo Woodward, nel periodo di massima tensione con la Corea del Nord, quando Trump definì Kim Jong-un “piccolo Rocket Man”, il presidente avrebbe rischiato di scatenare una guerra nucleare con un tweet, poi rimasto nel cassetto, in cui annunciava il ritiro di tutti i civili americani dalla Corea del Sud.
In un’altra occasione, sempre secondo Woodward, Trump fece capire al suo staff che era intenzionato ad abbandonare l’accordo di libero scambio Nafta e un analogo accordo vigente con la Corea del Sud, gettando così nel panico il suo consigliere economico, Gary Cohn. Atterrito, il consigliere avrebbe fatto sparire tutti i documenti dal tavolo di Trump per evitare che ricordasse i due dossier e procedesse con la revoca. Se il racconto fosse vero vorrebbe dire che il presidente non è padrone della situazione e viene gestito come un pupazzo. Un’ipotesi ben poco plausibile, visto che Trump è stato imprenditore di successo per molti decenni e non pare proprio una marionetta in mano ad altri. Peraltro, lo stesso Cohn ha in seguito detto che Woodward “non ha descritto in modo accurato la mia esperienza di Consigliere alla Casa Bianca”.
La reazione ufficiale della presidenza è giunta a settembre, quando la portavoce di Trump, Sarah Huckabee Sanders, ha dichiarato che “questo libro non è altro che una collezione di storie inventate, molte delle quali create da alcuni ex collaboratori del presidente, indispettiti per essere stati licenziati, al solo scopo di metterlo in cattiva luce”.
In effetti, sono già una decina i collaboratori di Trump che hanno pubblicamente preso le distanze dal libro, dichiarando che i fatti descritti da Woodward sono inventati di sana pianta. In definitiva, è molto probabile che l’operazione editoriale risulti alla fine un successo commerciale ma anche un boomerang politico, rafforzando la sensazione che Trump sia attaccato da larga parte dei media statunitensi sulla base di pregiudizi infondati. Il che può facilmente tradursi in maggiori probabilità di una sua rielezione nel 2020.
© 2018, Thema International
Riproduzione riservata