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Il turismo culturale dinamizza le regioni

Lontano da Parigi e dai suoi luoghi-simbolo, tra i quali il Louvre o il Centre Pompidou, crescono nuovi e seducenti poli di attrazione turistica.

Dobbiamo cambiare la nostra visione giacobina delle cose! Ormai non è più soltanto Parigi ad attrarre turismo per via del suo patrimonio culturale e dei suoi musei, ma l’intera Francia. Il movimento che si è creato intorno all’apertura o alla ristrutturazione di diversi musei di provincia, dimostra che il paese sta scommettendo sulla cultura per rilanciare le sue regioni. Malgrado i lancinanti problemi di bilancio pubblico (lo Stato finanzia ormai soltanto il 26% della spesa per la cultura, il resto è a carico delle amministrazioni locali), i comuni, i dipartimenti e le regioni scommettono sul “soft power” e sul turismo culturale, nella speranza di riuscire a compensare il rallentamento degli altri settori economici.

Il dipartimento dell’Aube, dopo essersi per molto tempo dedicato all’industria tessile, ha da poco inaugurato - a Brienne-le-Château, vicino a Troyes – un museo che ripercorre gli anni della giovinezza di Napoleone[1]. Nantes ha ristrutturato il suo Musée des Beaux Arts da capo a fondo. Mentre la città di Rodez (nel dipartimento dell’Aveyron – ndt) ha cambiato look da quando, nel 2014, è stato aperto il Musée Soulages (200.000 visitatori l'anno).

Mobilitare diverse realtà

“La riorganizzazione delle regioni ha provocato una nuova ripartizione del patrimonio artistico-culturale sul territorio”, dichiara il Ministero della Cultura. Sette anni fa, sei istituzioni – il Louvre, Versailles, il Centre Pompidou, il Museo nazionale dell’esercito, il Quay Branly e il Musée d’Orsay – tutte dislocate nella regione Île-de-France, ricevevano più di un milione di visite in un anno, pari al 43% degli ingressi a livello nazionale. Discorso analogo, sul fronte monumenti, per Arco di Trionfo, Cattedrale di Notre-Dame e Basilica del Sacré-Cœur – anche se queste ultime erano, e continuano ad essere, ad ingresso gratuito. Fino ad ora, in provincia, soltanto l’abbazia del Mont-Saint-Michel poteva vantarsi di superare il milione di visitatori.

Oggi, al ristretto circolo dei luoghi più frequentati si è aggiunto anche il castello di Chambord che quest’anno ha registrato il record di un milione di visitatori, grazie soprattutto al restauro dei suoi giardini alla francese.

Ma il nostro “club” parigino è “marcato stretto”, ormai, anche da alcune grandi istituzioni che stanno contribuendo a forgiare una nuova identità culturale regionale: il Louvre-Lens[2] vicino a Calais, il MuCEM di Marsiglia, il Centre Pompidou-Metz e il Musée des Confluences di Lione. L’anno scorso, il Centre Pompidou-Metz ha accolto 345.500 visitatori (+15%); il Musée des Confluences, 700.000; il Louvre-Lens, 450.000; il MuCEM, 590.000. Questi ottimi risultati dipendono certamente dall’offerta culturale – mostre o eventi – ma anche da un cambiamento nelle abitudini dei turisti. “Molti paesi esteri sono oggi percepiti come pericolosi. Quindi i francesi riscoprono la Francia. E puntano su soggiorni brevi, ai quali abbinare gastronomia, sport e visite a castelli o musei”, come rileva Philippe Bélaval, presidente del Centro dei Monumenti Nazionali. Oltre ai turisti stranieri, i musei regionali possono contare sul turismo locale. Il concept delle manifestazioni a tema – come Lille3000 o Normandie impressioniste (con cadenza triennale e 1.6 milioni di visitatori nel 2016) – in grado di far dialogare diverse realtà, sta riscuotendo molto successo.


[1] Napoleone ha vissuto in questa città durante gli anni della scuola militare (1779-1784) - ndt.

[2] Sede distaccata del Louvre di Parigi, inaugurata sul sito di una vecchia miniera, per rendere omaggio ad un territorio segnato dalla guerra e dall’estrazione del carbone - ndt.

© Claire Bommelaer, 2018, Le Figaro