Immigrazione: fermiamo il vortice degli sbarchi in Europa
Il 17 giugno 2018, l’Aquarius – nave europea noleggiata dalle ONG-organizzazioni non governative SOS Méditerranée e Médecins sans frontières – ha fatto sbarcare nel porto spagnolo di Valencia 630 migranti clandestini provenienti dall’Africa, ripescati una settimana prima al largo delle coste della Libia. Quello stesso giorno, nello stesso porto, altre centinaia di clandestini sono sbarcati da due navi appartenenti allo Stato italiano (una di proprietà della marina mercantile e l’altra della guardia costiera).
Prima di partire, ciascuno di questi migranti – per lo più originari dei remoti paesi dell’Africa nera, come la Nigeria, la Costa d’Avorio o la Guinea – ha pagato una cifra minima di 3.000 euro a quelle reti di trafficanti di uomini, strutturate come le organizzazioni mafiose, che hanno ramificazioni in tutti i Paesi attraversati dalle strade che conducono alla presunta terra promessa: l’Europa. Si tratta delle stesse organizzazioni mafiose che gestiscono il traffico d’armi (destinate agli jihadisti), così come il trasporto di stupefacenti verso l’Europa e il traffico di esseri umani.
I trafficanti usano un metodo ormai collaudato. Stipano i migranti che vogliono partire su canotti di fortuna; li spingono fino alle acque internazionali, in un’area che si trova a circa 12 miglia dalla costa libica; poi, lanciano un SOS oppure chiamano un centro di soccorso italiano per segnalare un naufragio imminente; infine, tornano a nascondersi, abbandonando alla loro sorte gli sfortunati passeggeri, spesso lasciati senza acqua né cibo. Il resto del “viaggio” non comporta alcun costo per i trafficanti, perché se ne fanno carico le navi europee della marina o delle ONG.
Ma perché queste navi non riconducono semplicemente i naufraghi verso i porti più vicini delle coste libiche? Perché ritengono che si tratterebbe di un respingimento contrario alle norme internazionali sui diritti umani. E i nuovi berberi [1] lo sanno bene. Infatti, sono diventati maestri nell’arte di far leva sul radicato sentimento di carità cristiana di questa Europa tanto ricca, ben organizzata e solidale.
Le ONG – loro malgrado – partecipano, in modo gratuito, a un enorme traffico di esseri umani, un giro d’affari che da lungo tempo ha superato le cifre del traffico di stupefacenti. A Valencia, parlando dei naufraghi, una rappresentante di SOS Méditerranée ha dichiarato che l’Europa ha “14.000 morti sulla coscienza”. Che incredibile calunnia! Si tratta di un’affermazione che mira a risvegliare l’antico senso di colpa dell’uomo bianco. Infatti, quale responsabilità possono avere gli europei, se i giovani uomini africani scelgono di fuggire dai loro Paesi d’origine e lanciarsi in pericolose traversate?
Da sessant’anni – ovvero da due generazioni –, le potenze europee hanno lasciato l’Africa e non la amministrano più; il tutto, con grande gioia delle élite e dei popoli africani, mossi dall’aspirazione all’indipendenza, e con l’approvazione dei benpensanti di sinistra dell’epoca. Sono gli europei o i nuovi berberi ad aver creato questo vergognoso traffico umano?
Un traffico, tra l’altro, profondamente deleterio sia per gli Stati africani che per quelli europei, visto che che priva l’Africa di una gioventù intelligente, intraprendente e ingegnosa: perché 3.000 euro sono una somma considerevole da raccogliere per un africano. Nei Paesi del continente nero, tale cifra costituisce un buon capitale di partenza per creare un’attività, per scavare un pozzo d’acqua in un villaggio, o per installare un impianto fotovoltaico. Nei Paesi di transito come il Niger, il traffico attira giovani ansiosi di far fortuna, allontanandoli dall’allevamento, dall’agricoltura, dall’artigianato. Non è sano che i villaggi africani vivano nell’attesa dei soldi che inviano o invieranno i migranti una volta arrivati in Europa, invece di provare ad essere gli artefici del loro proprio sviluppo.
L’Alta rappresentante dell’Unione Europea (Federica Mogherini), che il 18 giugno 2018 a Bruxelles ha ricevuto i ministri del G5 Sahel [2], ne era consapevole e si trovava dunque in pieno accordo con il presidente nigeriano della giovane organizzazione: è vitale destinare gli aiuti europei alla lotta contro il traffico di esseri umani, ma investire anche in progetti agricoli o energetici che permettano alle popolazioni di poter restare a vivere stabilmente nelle terre dei loro antenati.
L’arrivo massiccio e incontrollato di migranti, pressoché estranei alla cultura europea, destabilizza profondamente gli Stati dell’Unione, come è emerso dal referendum britannico e dalle elezioni legislative italiane. Negli anni cinquanta e sessanta, i popoli europei si sono espressi attraverso le urne per ratificare l’indipendenza delle ex-colonie. Al contrario, non sono mai stati chiamati a una consultazione democratica sul tema dell’immigrazione, il fenomeno sociale più importante che tali popolazioni abbiano conosciuto dai tempi della Seconda Guerra Mondiale.
È necessario fermare immediatamente questo vortice di sbarchi, a meno che non si voglia impoverire umanamente l’Africa e distruggere questa Europa liberale, pazientemente costruita a partire dagli anni cinquanta e fino ad oggi.
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[1] Abitanti dell’antica Barberia, ovvero i territori nordafricani corrispondenti agli stati del Marocco, Algeria, Tunisia e Libia – ndt.
[2] Organizzazione di cooperazione internazionale dell’Africa occidentale formata da cinque stati: Mali, Niger, Ciad, Mauritania e Burkina Faso – ndt.
© Renaud Girard, 2018, Le Figaro
Immigrazione: fermiamo il vortice degli sbarchi in Europa
Il 17 giugno 2018, l’Aquarius – nave europea noleggiata dalle ONG-organizzazioni non governative SOS Méditerranée e Médecins sans frontières – ha fatto sbarcare nel porto spagnolo di Valencia 630 migranti clandestini provenienti dall’Africa, ripescati una settimana prima al largo delle coste della Libia. Quello stesso giorno, nello stesso porto, altre centinaia di clandestini sono sbarcati da due navi appartenenti allo Stato italiano (una di proprietà della marina mercantile e l’altra della guardia costiera).
Prima di partire, ciascuno di questi migranti – per lo più originari dei remoti paesi dell’Africa nera, come la Nigeria, la Costa d’Avorio o la Guinea – ha pagato una cifra minima di 3.000 euro a quelle reti di trafficanti di uomini, strutturate come le organizzazioni mafiose, che hanno ramificazioni in tutti i Paesi attraversati dalle strade che conducono alla presunta terra promessa: l’Europa. Si tratta delle stesse organizzazioni mafiose che gestiscono il traffico d’armi (destinate agli jihadisti), così come il trasporto di stupefacenti verso l’Europa e il traffico di esseri umani.
I trafficanti usano un metodo ormai collaudato. Stipano i migranti che vogliono partire su canotti di fortuna; li spingono fino alle acque internazionali, in un’area che si trova a circa 12 miglia dalla costa libica; poi, lanciano un SOS oppure chiamano un centro di soccorso italiano per segnalare un naufragio imminente; infine, tornano a nascondersi, abbandonando alla loro sorte gli sfortunati passeggeri, spesso lasciati senza acqua né cibo. Il resto del “viaggio” non comporta alcun costo per i trafficanti, perché se ne fanno carico le navi europee della marina o delle ONG.
Ma perché queste navi non riconducono semplicemente i naufraghi verso i porti più vicini delle coste libiche? Perché ritengono che si tratterebbe di un respingimento contrario alle norme internazionali sui diritti umani. E i nuovi berberi [1] lo sanno bene. Infatti, sono diventati maestri nell’arte di far leva sul radicato sentimento di carità cristiana di questa Europa tanto ricca, ben organizzata e solidale.
Le ONG – loro malgrado – partecipano, in modo gratuito, a un enorme traffico di esseri umani, un giro d’affari che da lungo tempo ha superato le cifre del traffico di stupefacenti. A Valencia, parlando dei naufraghi, una rappresentante di SOS Méditerranée ha dichiarato che l’Europa ha “14.000 morti sulla coscienza”. Che incredibile calunnia! Si tratta di un’affermazione che mira a risvegliare l’antico senso di colpa dell’uomo bianco. Infatti, quale responsabilità possono avere gli europei, se i giovani uomini africani scelgono di fuggire dai loro Paesi d’origine e lanciarsi in pericolose traversate?
Da sessant’anni – ovvero da due generazioni –, le potenze europee hanno lasciato l’Africa e non la amministrano più; il tutto, con grande gioia delle élite e dei popoli africani, mossi dall’aspirazione all’indipendenza, e con l’approvazione dei benpensanti di sinistra dell’epoca. Sono gli europei o i nuovi berberi ad aver creato questo vergognoso traffico umano?
Un traffico, tra l’altro, profondamente deleterio sia per gli Stati africani che per quelli europei, visto che che priva l’Africa di una gioventù intelligente, intraprendente e ingegnosa: perché 3.000 euro sono una somma considerevole da raccogliere per un africano. Nei Paesi del continente nero, tale cifra costituisce un buon capitale di partenza per creare un’attività, per scavare un pozzo d’acqua in un villaggio, o per installare un impianto fotovoltaico. Nei Paesi di transito come il Niger, il traffico attira giovani ansiosi di far fortuna, allontanandoli dall’allevamento, dall’agricoltura, dall’artigianato. Non è sano che i villaggi africani vivano nell’attesa dei soldi che inviano o invieranno i migranti una volta arrivati in Europa, invece di provare ad essere gli artefici del loro proprio sviluppo.
L’Alta rappresentante dell’Unione Europea (Federica Mogherini), che il 18 giugno 2018 a Bruxelles ha ricevuto i ministri del G5 Sahel [2], ne era consapevole e si trovava dunque in pieno accordo con il presidente nigeriano della giovane organizzazione: è vitale destinare gli aiuti europei alla lotta contro il traffico di esseri umani, ma investire anche in progetti agricoli o energetici che permettano alle popolazioni di poter restare a vivere stabilmente nelle terre dei loro antenati.
L’arrivo massiccio e incontrollato di migranti, pressoché estranei alla cultura europea, destabilizza profondamente gli Stati dell’Unione, come è emerso dal referendum britannico e dalle elezioni legislative italiane. Negli anni cinquanta e sessanta, i popoli europei si sono espressi attraverso le urne per ratificare l’indipendenza delle ex-colonie. Al contrario, non sono mai stati chiamati a una consultazione democratica sul tema dell’immigrazione, il fenomeno sociale più importante che tali popolazioni abbiano conosciuto dai tempi della Seconda Guerra Mondiale.
È necessario fermare immediatamente questo vortice di sbarchi, a meno che non si voglia impoverire umanamente l’Africa e distruggere questa Europa liberale, pazientemente costruita a partire dagli anni cinquanta e fino ad oggi.
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[1] Abitanti dell’antica Barberia, ovvero i territori nordafricani corrispondenti agli stati del Marocco, Algeria, Tunisia e Libia – ndt.
[2] Organizzazione di cooperazione internazionale dell’Africa occidentale formata da cinque stati: Mali, Niger, Ciad, Mauritania e Burkina Faso – ndt.
© Renaud Girard, 2018, Le Figaro
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