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Klimt a Parigi: una vera paccottiglia

La grottesca installazione visiva all’Atelier des Lumières propone una visione alterata dell’arte dei pittori viennesi. Un massacro, sicuramente redditizio, che si ammanta dell’alibi della cultura per tutti.

Di sicuro non si tratta di un museo, ma vi si allestiscono delle “mostre digitali immersive”.

I visitatori deambulano in una ex-fonderia sulle pareti della quale – al suono di uno Strauss o di un Wagner triti e ritriti, e diffusi a pieno volume – vengono proiettate delle riproduzioni ingrandite e sature di colore di opere di Gustav Klimt o di Egon Schiele. Moltissimi visitatori, dopo aver accettato di pagare 14,50€, vogliono sfruttare al massimo la somma investita e ne approfittano per sdraiarsi sul pavimento nella posizione del loto e lasciarsi “accarezzare”, in un rapimento estatico, da questi poster giganti che scorrono sulle loro teste. Vien quasi da chiedersi dove sia il cocktail bar o se per caso esiste anche una spa al piano inferiore… Insomma, contrariamente al mondo noioso e triste dei musei tradizionali, qui l’arte è addirittura qualcosa salutare, esattamente come possono esserlo un massaggio ayurvedico o un impacco di alghe...

A quanto pare, non importa se i capolavori più raffinati di Klimt - opere d’arte così perfettamente strutturate e meditate - si ritrovano ad essere trattati come carta da parati oppure utilizzati a mo’ di una tenda da doccia, o ancora come scenografia per lo sfondo di un acquario. I disegni più violenti di Egon Schiele, con le loro nuove inquadrature, sembrano dei cuscini per la festa della mamma. Un vero e proprio successo (210.000 visitatori dall’apertura, avvenuta a metà aprile), con lavaggio del cervello completo e rilassamento garantito.

Nulla ci vieta di chiederci come questo successo assurdo sia stato possibile, o di ragionare sulla celebre frase: “il pubblico può anche esprimere il proprio apprezzamento, ma non è detto che tutti gli altri facciano lo stesso”.

Dopo le Carrières de Lumières, a Les Baux-de-Provence - dove i quadri geometrici ed equilibrati di Cézanne erano stati metodicamente fatti a pezzi e sottoposti ad un trattamento di “lifting e Botox” – la potente società Culturespaces ha appena inaugurato questo nuovo spazio, nel cuore di un quartiere parigino molto trendy ma privo di musei e di spazi verdi.

Due problemi risolti in un colpo solo...!

Questa installazione terrificante, “abbagliante”, insulta allo stesso tempo la città di Vienna, la perfezione dell’arte di Klimt e – forse ancor di più - la crudezza di Schiele, ma soprattutto la videoarte, la quale non ha niente a che fare con questa mostruosa caverna di Ali Babà.

Klimt sopravvivrà, visto che sarà sempre possibile recarsi a Vienna e provare vere emozioni in veri musei. Ma ciò cui assistiamo qui è qualcosa di desolante, che si traduce nell’idea, neanche troppo nascosta – e sottesa a questi redditizi tornelli per far soldi – secondo la quale le opere d’arte avrebbero bisogno di essere “desacralizzate”, liberate da qualsiasi fruizione elitaria, come se i musei le soffocassero. Vedere un Klimt ingrandito, “pixelizzato”, proiettato in formato XXL in questo grande specchietto per le allodole, vorrebbe quindi dire in realtà “migliorarne” la fruizione. Tra poco faremo anche un bagno nei papaveri di Monet e un’immersione nelle griglie di Mondrian….

Per coronare questo saccheggio, che usa l’arte come alibi, Culturespaces collabora con una fondazione che mette insieme alcune imprese che si dichiarano “contro l’esclusione” e “contro qualsiasi forma di discriminazione”. Aspettiamoci quindi che questa operazione venga presto avallata dal Ministero della Cultura… Per la cronaca, con cinquanta centesimi in più si passa l’intera giornata al Louvre; con 2,50 euro in meno si ha accesso al Musée d’Orsay; per 9 euro appena è possibile penetrare tra le Ninfee dell’Orangerie[1] e vivere l’esperienza immersiva più sconvolgente al mondo. Per di più in un silenzio che non potrà non lasciare una traccia indelebile nella vostra esistenza.

■ «Gustav Klimt», Atelier des Lumières, 38, rue Saint-Maur (11° arrondissement), fino all’11 novembre 2018.

 

[1] Il riferimento è al celebre ciclo delle Ninfee, dodici grandi tele orizzontali realizzate da Monet per poter essere ospitate in un luogo creato appositamente ex-novo - ndt.

© Adrien Goetz, 2018, Le Figaro