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L’hamburger è il nuovo biglietto da visita dei ristoratori

Redditizio quanto la pizza e le crêpes, l’hamburger è diventato un best-seller in Francia, superando le vendite della tradizionale “baguette burro e prosciutto”.

Al Ritz Palace, affacciato su place Vendôme a Parigi, il «Ritz burger» al beaufort (un formaggio savoiardo – ndt), servito con patatine fritte e insalata verde, viene proposto a 42 euro. Al bar dell'hotel Crillon, fino alle 18, è possibile degustare i mini-hamburger dello chef per 28 euro.

Per molto tempo sinonimo di junk food - cibo spazzatura - l’hamburger è riuscito a conquistare una sua dignità e in dieci anni ha trovato ormai collocazione nei migliori ristoranti di Francia. Nel 2008, l’hamburger di Yannick Alléno, all’epoca chef presso l’hotel Le Meurice, fu incoronato “miglior hamburger del mondo” dal New York Times.

Grande rivoluzione, quindi, nel paese della baguette e della bistecca con patatine: le vendite di hamburger hanno superato l’anno scorso quelle delle baguette burro e prosciutto, arrivando ad 1,46 miliardi di unità, con un incremento del 9% rispetto al 2016, secondo la società di marketing Gira Conseil. Quest’ondata è sicuramente dovuta all’esplosione dei fast-food, ma l’hamburger è diventato un must grazie soprattutto ai canali della ristorazione tradizionale. Sempre secondo Gira Conseil, l’85% dei ristoranti lo ha ormai inserito nel proprio menu. È un piatto che può essere declinato in mille modi diversi: al foie gras, senza pane, al salmone, senza glutine… , e a tavola, usando le posate, diventa anche facile da mangiare.

Non è necessario un investimento

Secondo Maria Bertoch, esperta in ristorazione presso il gruppo NPD (società di analisi marketing - ndt), il debutto dell’hamburger nella ristorazione risale alla fine del 2008. Dopo il drastico calo di avventori conseguente alla crisi bancaria e finanziaria nel settembre dello stesso anno, i professionisti del settore anno visto in questo piatto sostanzioso una buona opportunità di tornare ad attrarre clienti con un’offerta meno cara. Secondo Hubert Jan, presidente del ramo ristorazione presso il principale sindacato del settore - l’UMIH (Union de Métiers et des Industries de l’Hôtellerie - ndt) – la ridefinizione dell’hamburger come piatto di qualità, che ha permesso il suo ingresso nei ristoranti più prestigiosi, è dovuta in parte anche ai food truck, ovvero a quei furgoncini che vendono cibi caldi in strada, apparsi a partire dal 2014. Il primo a conoscere il successo è stato Le Camion qui Fume (Il Camion fumante – ndt). “I food truck hanno saputo coniugare ristorazione rapida e qualità. La ristorazione tradizionale si è inserita in questa tendenza”, spiega Hubert Jan.

L’hamburger consente di dare una rinfrescata al menu, ha il vantaggio di essere gradito sia a pranzo che a cena e, soprattutto, di essere un piatto redditizio. “Il suo margine di guadagno è paragonabile a quello di una pizza o di una crêpe, quindi piuttosto alto! Siamo tra il 10 e il 15% in più rispetto a qualunque altro piatto presente nei menu. L’hamburger è facile da preparare ed è economico. Un po’ di carne macinata costerà sempre meno di una tagliata o di un filetto. L’hamburger ha inoltre giovato ai fornitori di carne, il cui consumo era in calo”, prosegue l’esperto.

Un ulteriore vantaggio per il ristoratore è rappresentato dal fatto che per aggiungere un hamburger al menu non è necessario alcun investimento. Egli può quindi diversificare la propria offerta e ampliare i suoi margini di profitto con un solo piatto, senza che il locale rischi di perdere la propria anima o debba essere ribattezzato. Diversamente, se si vogliono aggiungere al menu delle crêpes o la pizza, occorre aggiungere alla carta un’offerta più articolata ed è necessario allestire un forno a legna. Il margine di reddito in relazione all’investimento non è quindi paragonabile.

© Mathilde Visseyrias, 2018, Le Figaro