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L’immigrazione nell’opinione pubblica europea

Europa divisa sui temi della tolleranza e dell’immigrazione.

Il dato emerge da almeno due fotografie di Eurobarometer, l’agenzia per i sondaggi d’opinione della Commissione Europea. Stando all’ultima rilevazione generale del marzo 2018 (“Standard Eurbarometer” n.89), il tema dell’immigrazione si conferma come il problema più importante nella percezione dei cittadini europei (38% degli intervistati, al secondo posto il terrorismo, con il 29%). Secondo una precedente rilevazione specifica sul tema dell’immigrazione, effettuata a ottobre 2017 (pubblicata ad aprile 2018), la maggior parte dei residenti nei paesi nordici (in ordine decrescente, Svezia, Danimarca, Olanda, Finlandia, Irlanda) ritiene che la maggioranza degli immigrati sia presente nel proprio paese in condizioni di legalità, mentre in Italia, Grecia, Romania, Polonia, Portogallo, Francia e Spagna, non più del 33% dei rispondenti pronuncia la stessa risposta.

I cittadini più inclini a vedere l’immigrazione come un problema, e non un’opportunità, sono ungheresi, greci, slovacchi, bulgari, italiani, cechi e francesi (in ordine decrescente). Coloro che, al contrario, vedono nell’immigrazione più un’opportunità che un problema sono svedesi, finlandesi, danesi, irlandesi, spagnoli, portoghesi, inglesi e tedeschi (ordine decrescente).

Gli europei più propensi, più ben disposti, ad avere rapporti di lavoro, amicizia, parentela, vicinato ecc. con gli immigrati sono i residenti in Spagna, Svezia, Irlanda, Olanda, Portogallo, Uk, Francia e Danimarca. I meno disposti vivono in Bulgaria, Ungheria, Rep. Ceca, Grecia, Romania, Estonia e Italia (gli italiani sono soprattutto poco inclini ad avere immigrati come parenti o come superiori sul lavoro). Un po’ schizofrenica la situazione svedese: lì, il 73% dei rispondenti afferma che l’integrazione degli immigrati nel proprio paese è sostanzialmente fallita (in Italia la pensa così il 63% dei cittadini, come in Germania). Ad ogni modo, il 56% degli europei ritiene che gli immigrati creino un problema serio ai sistemi welfare.

Sotto il profilo religioso, in Germania e in Austria lo scetticismo nei confronti dell’Islam è diffuso tra il 61% dei cristiani praticanti e il 45% dei non praticanti. In Francia, invece, un’elevata percentuale di cristiani praticanti ritiene che per far parte della nazione si debba avere origini francesi.

Samuel Huntington, celebre politologo americano scomparso dieci anni fa, scrisse a fine anni '90 un saggio che ebbe grande risonanza mondiale, The clash of civilizations, lo scontro delle civiltà. La sua tesi, ripetuta da numerosi altri saggisti, è che la maggior fonte di crisi internazionali non risiede più nelle rivalità tra le nazioni europee, o tra queste e il mondo sovietico, ma tra le maggiori credenze religiose esistenti. In particolare, i paesi del mondo islamico sono quelli con una maggiore propensione ad ingaggiare scontri diretti, militari o paramilitari, con i paesi delle altre aree etnico-religiose, cioè area cristiana, area indù, area confuciana, area shintoista, area ortodossa. Tutte queste civiltà, a loro volta, hanno rapporti tra loro che oscillano tra la blanda tolleranza e l’accesa rivalità. Di conseguenza, l’immigrazione di massa rappresenterà sempre più un pericoloso banco di prova per le relazioni internazionali. Le potenze nucleari tendono a crescere di numero e ormai sono presenti in quasi tutte le grandi aree religiose. Per esempio, l’Islam annovera al suo interno una potenza nucleare dichiarata, il Pakistan, e una in via di realizzazione, l’Iran.

Anche se i diversi popoli europei hanno idee non molto convergenti sui problemi connessi all’immigrazione, l’analisi di Huntington dovrebbe indurre i leader occidentali a definire una strategia comune per affrontare meglio le sfide provenienti dal mondo islamico e dalla politica espansionista della Cina.

© 2018, Thema International