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L’Italia, un paese per vecchi…

Il 26 febbraio scorso, l’OCSE – l’organizzazione che riunisce le 35 nazioni più sviluppate del mondo – ha pubblicato una ricerca sui tassi di mortalità e durata media della vita nei paesi associati (“Trends in life expectancy in EU and other OECD countries: Why are improvements slowing?”).

Lo studio rileva un certo rallentamento nell’allungamento della vita media, ovvero livelli di mortalità che sono in lieve risalita dopo molti anni di decrescita. I dati suggeriscono che questo parziale peggioramento sembra imputabile quasi totalmente ad una crescente diffusione delle malattie degenerative del cervello tipiche della terza età, come la demenza e l’Alzheimer. E ciò sembra valere più per le donne che per gli uomini. Il report pubblica alcuni dati che ci sembrano degni di particolare attenzione. Enuclearli dal quadro complessivo della ricerca potrà essere non perfettamente corretto sul piano metodologico, ma riteniamo che ciò non infici il loro significato.

Il dato più eclatante (almeno per noi italiani) è che, a consuntivo del 2016, il nostro paese è il secondo al mondo per durata media della vita: 81 anni per gli uomini e 85,6 per le donne. I più longevi in assoluto (almeno tra i paesi OCSE e UE), sono i giapponesi: 81 anni per gli uomini (stesso dato dell’Italia), 87,1 per le donne. Difficile non sospettare che la ragione principale risieda nella dieta mediterranea, da un lato, e nella dieta giapponese dall’altro, ricca di pesce e vegetali. Non a caso, anche le donne spagnole e francesi sono ai vertici di questa classifica: le spagnole hanno vita media di 86,3 anni e le francesi di 85,7 anni, cioè valori un po’ inferiori al Giappone e lievemente superiori all’Italia (per gli uomini la situazione è diversa: gli spagnoli si fermano a 80,5 e i francesi a 79,5, abbassando la media complessiva maschi + femmine). La media UE per gli uomini è di 78,2 anni e per le donne di 83,6 anni. Complessivamente, le donne italiane, spagnole e francesi “staccano” (verso l’alto) le donne degli altri paesi in misura piuttosto accentuata, superiore al divario, meno forte, che separa gli uomini di questi tre paesi rispetto a quelli delle altre nazionalità. Tuttavia, l’Italia è uno dei pochissimi paesi sviluppati (oltre a Norvegia e Malta) che registrano un aumento dell’età media pressoché costante dal 2006 al 2016, senza flessioni. Tutti gli altri paesi hanno avuto, nel quinquennio 2012-2016 una crescita ridotta (circa 1,8 anni in più nell’intero periodo) rispetto a quella registrata nei cinque anni precedenti 2006-2011 (circa 1,3 anni in più).

Almeno in Italia, l’allungamento della vita media va di pari passo con una diminuzione della popolazione autoctona. È da 26 anni che il cosiddetto saldo naturale, cioè la differenza tra nati e morti, presenta valori negativi (salvo due brevi eccezioni nel 2004 e 2006). L’afflusso migratorio ha compensato questa diminuzione, ma da tre anni non è più così e la popolazione residente in Italia ha iniziato a calare.

In conclusione, l’Italia invecchia e si rimpicciolisce. Si tratta di un’evoluzione che, se non verrà invertita, avrà effetti disastrosi sullo stato dei conti pubblici e sulla ricchezza patrimoniale di ogni famiglia, visto che i valori immobiliari, in uno scenario di questo tipo, sono destinati a calare sempre più.

La questione demografica rappresenta una delle principali sfide che i governi occidentali, e soprattutto quello italiano, devono oggi affrontare.

Ci sembra preoccupante e miope che il problema non sia al centro del dibattito politico nazionale.

© 2019, Thema International