L’Unione europea si è infiltrata nelle nostre università: dobbiamo difenderci dalla sua macchina propagandistica
Nigel Farage, autore dell'articolo, guidò per 10 anni l'Ukip, il partito anti-europeista inglese. Benché ritiratosi dalla politica attiva, Farage resta una delle personalità più note della politica britannica. Occasionalmente, scrive per il Telegraph.
(N.B.: L'articolo è stato già pubblicato da Thema l'11 novembre 2017: lo riproponiamo, per coloro che lo avessero perso, non essendo venuta meno la sua attualità).
nota della redazione
Durante l’acceso dibattito che accompagnò il secondo referendum irlandese (2009) sul Trattato di Lisbona, fui pubblicamente redarguito da una docente universitaria di Dublino. Quando, infine, le chiesi se fosse titolare di una cattedra Jean Monnet, un incarico finanziato dalla Ue e creato in omaggio al politico ed economista francese, nonché padre fondatore della dell’Unione, ho dovuto ripetere più volte la domanda prima di sentirmi rispondere: “Sì, e ne sono fiera”.
Da allora, cerco di spiegare quanto il sistema di istruzione superiore, non solo nel Regno Unito ma in tutta la Ue, sia marcio e totalmente assoggettato al potere dei burocrati di Bruxelles.
Ecco perché non mi sorprende affatto l’attacco subito la scorsa settimana (ottobre 2017 - ndr) da un parlamentare conservatore, Chris Heaton-Harris, il quale aveva richiesto a tutte le università del paese di fornire i nomi dei docenti che tengono corsi sulla Brexit, insieme ai relativi programmi. Heaton-Harris è stato accusato di “leninismo idiota” dal rettore dell’università di Oxford ed ex-commissario europeo, Chris Patten[1], è stato tacciato di “maccartismo” da Sally Hunt, presidente del sindacato degli insegnanti universitari, e ha subito una “censura” da parte di Alistair Jarvis, direttore generale di Universities UK, l’organizzazione dei rettori universitari britannici.
Da ogni punto di vista, i massimi esponenti del mondo universitario inglese hanno usato il linguaggio dell’intolleranza per fustigare una richiesta del tutto ragionevole. Tanta ostilità si spiega con la necessità di tutelare i propri interessi. Così come i tacchini non voterebbero a favore del Natale, le università britanniche non vogliono lasciare la Ue, visto che ricevono £1,2 miliardi all'anno da Bruxelles.
Infatti, durante la campagna per il referendum sulla Brexit, 21 vice rettori universitari del Regno Unito si sono espressi a favore del Remain, senza far alcun riferimento alle sovvenzioni comunitarie. Non avevano bisogno di preoccuparsene. L’Unione europea è riuscita molto bene a comprare la loro fedeltà già da molto tempo.
Le cifre in ballo sono ingenti. L’università di Oxford riceve £60,3 milioni all’anno, quasi la stessa somma di denaro che riceve quella di Cambridge. Al Russell Group, costituito dalle 24 migliori università del Regno Unito, è destinato un totale £400 milioni l’anno. C’è da stupirsi se la richiesta di Heaton-Harris ha suscitato una tale vampata di indignazione?
Ma c’è di peggio a questa sottomissione economica a cadenza annuale, ed è il fatto che il nostro sistema di istruzione superiore è cosparso di cattedre Jean Monnet e di vari centri di eccellenza, tutti profumatamente finanziati.
I professori sono pagati per promuovere la Ue. Molti si chiederanno come si sia potuto permettere che una tale macchina propagandistica si mettesse in moto allo scopo di indottrinare i nostri ragazzi. Costoro hanno ragione. Eppure, in numerosi dibattiti radiofonici e televisivi mi sono ritrovato a discutere con professori universitari che si sono poi rivelati titolari di cattedre Jean Monnet.
Chi legge i giornali saprà che, oggi, nelle università regna una gran confusione, determinata dall’atteggiamento degli studenti appartenenti alla snowflake generation, cioè i ventenni anglosassoni intolleranti e ipersuscettibili.
Che gli studenti manifestino per cancellare la storia attraverso il movimento Rhodes Must Fall, determinato ad abbattere ogni ricordo del colonialismo, o per avere toilette di genere neutro, è chiaro che non hai scampo se sei dalla parte che loro considerano “sbagliata”. In molti casi, questo accade anche con il tema della Ue.
Ciò che trovo allarmante nel clamore attorno a Heaton-Harris è l’atteggiamento di Patten e degli altri che si sono uniti a lui nel condannare il parlamentare. Sembrano avere adottato l’atteggiamento assolutista degli adolescenti e dei ventenni universitari. Agendo in quel modo, Patten e i suoi amici hanno dimostrato lo stesso fanatismo e la chiusura mentale di quegli studenti.
È una tragedia che alcuni degli istituti universitari più prestigiosi al mondo si siano lasciati corrompere. Il dissenso contro la Ue non sarebbe stato tollerato nemmeno se la stragrande maggioranza del nostro paese avesse votato per uscire dall’Europa. Sembrano voler negare il risultato del referendum, e sappiamo perché.
Accettando denaro sonante, tali istituti sono diventati uno strumento della politica. E’ una cosa vergognosa, ma bisogna riconoscere l’efficacia di questo sistema: l’Ukip è stato bandito da tutti i campus universitari. C’è bisogno di aggiungere altro?
Qualsiasi dibattito libero e aperto su questioni importanti come l’uscita dall’Unione europea è sparito dalle università inglesi. Il pensiero critico è stato rimosso. Sempre più, ai nostri giovani viene insegnato che per ogni argomento esiste un unico e giusto punto di vista, mentre chi la pensa diversamente rappresenta il male.
Bisogna intervenire drasticamente per contrastare questa situazione. Nel frattempo, desidero congratularmi con Chris Heaton-Harris per aver acceso i riflettori su istituzioni che sono diventate fra le peggiori del Regno Unito.
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[1] Chris Patten è stato anche presidente della BBC – ndt.
© Telegraph Media Group Limited (2017)
L’Unione europea si è infiltrata nelle nostre università: dobbiamo difenderci dalla sua macchina propagandistica
Nigel Farage, autore dell'articolo, guidò per 10 anni l'Ukip, il partito anti-europeista inglese. Benché ritiratosi dalla politica attiva, Farage resta una delle personalità più note della politica britannica. Occasionalmente, scrive per il Telegraph.
(N.B.: L'articolo è stato già pubblicato da Thema l'11 novembre 2017: lo riproponiamo, per coloro che lo avessero perso, non essendo venuta meno la sua attualità).
nota della redazione
Durante l’acceso dibattito che accompagnò il secondo referendum irlandese (2009) sul Trattato di Lisbona, fui pubblicamente redarguito da una docente universitaria di Dublino. Quando, infine, le chiesi se fosse titolare di una cattedra Jean Monnet, un incarico finanziato dalla Ue e creato in omaggio al politico ed economista francese, nonché padre fondatore della dell’Unione, ho dovuto ripetere più volte la domanda prima di sentirmi rispondere: “Sì, e ne sono fiera”.
Da allora, cerco di spiegare quanto il sistema di istruzione superiore, non solo nel Regno Unito ma in tutta la Ue, sia marcio e totalmente assoggettato al potere dei burocrati di Bruxelles.
Ecco perché non mi sorprende affatto l’attacco subito la scorsa settimana (ottobre 2017 - ndr) da un parlamentare conservatore, Chris Heaton-Harris, il quale aveva richiesto a tutte le università del paese di fornire i nomi dei docenti che tengono corsi sulla Brexit, insieme ai relativi programmi. Heaton-Harris è stato accusato di “leninismo idiota” dal rettore dell’università di Oxford ed ex-commissario europeo, Chris Patten[1], è stato tacciato di “maccartismo” da Sally Hunt, presidente del sindacato degli insegnanti universitari, e ha subito una “censura” da parte di Alistair Jarvis, direttore generale di Universities UK, l’organizzazione dei rettori universitari britannici.
Da ogni punto di vista, i massimi esponenti del mondo universitario inglese hanno usato il linguaggio dell’intolleranza per fustigare una richiesta del tutto ragionevole. Tanta ostilità si spiega con la necessità di tutelare i propri interessi. Così come i tacchini non voterebbero a favore del Natale, le università britanniche non vogliono lasciare la Ue, visto che ricevono £1,2 miliardi all'anno da Bruxelles.
Infatti, durante la campagna per il referendum sulla Brexit, 21 vice rettori universitari del Regno Unito si sono espressi a favore del Remain, senza far alcun riferimento alle sovvenzioni comunitarie. Non avevano bisogno di preoccuparsene. L’Unione europea è riuscita molto bene a comprare la loro fedeltà già da molto tempo.
Le cifre in ballo sono ingenti. L’università di Oxford riceve £60,3 milioni all’anno, quasi la stessa somma di denaro che riceve quella di Cambridge. Al Russell Group, costituito dalle 24 migliori università del Regno Unito, è destinato un totale £400 milioni l’anno. C’è da stupirsi se la richiesta di Heaton-Harris ha suscitato una tale vampata di indignazione?
Ma c’è di peggio a questa sottomissione economica a cadenza annuale, ed è il fatto che il nostro sistema di istruzione superiore è cosparso di cattedre Jean Monnet e di vari centri di eccellenza, tutti profumatamente finanziati.
I professori sono pagati per promuovere la Ue. Molti si chiederanno come si sia potuto permettere che una tale macchina propagandistica si mettesse in moto allo scopo di indottrinare i nostri ragazzi. Costoro hanno ragione. Eppure, in numerosi dibattiti radiofonici e televisivi mi sono ritrovato a discutere con professori universitari che si sono poi rivelati titolari di cattedre Jean Monnet.
Chi legge i giornali saprà che, oggi, nelle università regna una gran confusione, determinata dall’atteggiamento degli studenti appartenenti alla snowflake generation, cioè i ventenni anglosassoni intolleranti e ipersuscettibili.
Che gli studenti manifestino per cancellare la storia attraverso il movimento Rhodes Must Fall, determinato ad abbattere ogni ricordo del colonialismo, o per avere toilette di genere neutro, è chiaro che non hai scampo se sei dalla parte che loro considerano “sbagliata”. In molti casi, questo accade anche con il tema della Ue.
Ciò che trovo allarmante nel clamore attorno a Heaton-Harris è l’atteggiamento di Patten e degli altri che si sono uniti a lui nel condannare il parlamentare. Sembrano avere adottato l’atteggiamento assolutista degli adolescenti e dei ventenni universitari. Agendo in quel modo, Patten e i suoi amici hanno dimostrato lo stesso fanatismo e la chiusura mentale di quegli studenti.
È una tragedia che alcuni degli istituti universitari più prestigiosi al mondo si siano lasciati corrompere. Il dissenso contro la Ue non sarebbe stato tollerato nemmeno se la stragrande maggioranza del nostro paese avesse votato per uscire dall’Europa. Sembrano voler negare il risultato del referendum, e sappiamo perché.
Accettando denaro sonante, tali istituti sono diventati uno strumento della politica. E’ una cosa vergognosa, ma bisogna riconoscere l’efficacia di questo sistema: l’Ukip è stato bandito da tutti i campus universitari. C’è bisogno di aggiungere altro?
Qualsiasi dibattito libero e aperto su questioni importanti come l’uscita dall’Unione europea è sparito dalle università inglesi. Il pensiero critico è stato rimosso. Sempre più, ai nostri giovani viene insegnato che per ogni argomento esiste un unico e giusto punto di vista, mentre chi la pensa diversamente rappresenta il male.
Bisogna intervenire drasticamente per contrastare questa situazione. Nel frattempo, desidero congratularmi con Chris Heaton-Harris per aver acceso i riflettori su istituzioni che sono diventate fra le peggiori del Regno Unito.
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[1] Chris Patten è stato anche presidente della BBC – ndt.
© Telegraph Media Group Limited (2017)
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