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La sinistra nichilista vuole abolire totalmente la libertà di parola, e le università stanno capitolando

Le università inglesi e americane non sempre sono come quelle che si vedono nei film, con studenti sereni e lezioni tranquille (e prati immacolati). Da qualche tempo, spira un vento di estremismo illiberale al cui confronto il '68 impallidisce...  

nota della redazione

E’ uno dei grandi scandali del tempo attuale: le nostre università stanno tornando all’antico regime oscurantista, pre-moderno. Invece di combattere, per restare i templi del libero pensiero, del dibattito, della diversità intellettuale, stanno rischiando di ripresentarsi come alfiere di qualsiasi ortodossia dominante, più interessate al lavaggio del cervello che al perseguimento della verità. Possono ancora fermarsi prima del punto di non ritorno, ma il tempo sta per scadere.

Per vedere come la situazione stia degenerando, basta confrontare il modo in cui il sistema dell’istruzione superiore sta rispondendo a due diverse sfide, una da “destra”, l’altra da “sinistra”. La prima scaturisce da quei deputati conservatori preoccupati dalla crescente influenza dei socialisti e degli anti-Brexit in ambito universitario. Nel Regno Unito, negli Stati Uniti e nel resto del mondo, la quota di professori che vota per partiti di area centro-destra è oggi, probabilmente, al livello più basso di sempre, talché i docenti sono molto più orientati a sinistra di quanto avvenisse negli anni ’90, come certifica una ricerca della Heterodox Academy (una associazione americana fra docenti universitari favorevoli alla diversità di idee e contenuti nel mondo accademico - NdT).

Secondo uno studio del prof. Noah Carl realizzato per l’Adam Smith Institute di Londra, non più del 12% dei docenti inglesi vota per il partito conservatore (Tory), con una riduzione di 25 punti percentuali rispetto al 1964. Le facoltà umanistiche e di scienze sociali sono omogeneizzate in modo stupefacente, talché i conservatori tendono a rifugiarsi in quelle scientifiche o di area business. Mai come oggi il mondo universitario è stato così politicamente connotato, mentre gli studenti non sono esposti ad un sufficiente numero di rappresentanti delle più diverse opinioni sulle varie tematiche.

Molti giovani docenti di area Tory o libertaria mi hanno confessato, nel corso degli anni, di dover mantenere il silenzio circa le proprie idee, se vogliono fare carriera, con un peggioramento della situazione negli ultimi tempi, dalla Brexit in poi.

Eppure, i parlamentari rischierebbero grosso se tentassero di imporre al mondo accademico un atteggiamento diverso, se cambiassero i programmi di studio o se cercassero di far entrare un altro tipo di docenti in quell’ambiente. L’autonomia universitaria è intoccabile.

Una imprudente lettera del deputato Heaton-Harris (Tory), con la quale chiedeva di esaminare libri di testo sull’argomento della Brexit, gli è valsa l’accusa di maccartismo, anche se assurda. Che accadrebbe se Momentum (una associazione politica pro Corbyn - NdT) chiedesse di valutare i libri che si studiano nei corsi di economia ?

Ma mentre le università sono state inflessibili nel respingere il deputato Heaton-Harris, si sono subito arrese quando si sono trovate innanzi ad una vera minaccia per la libertà universitaria: quella messa in campo da un’intera generazione di studenti di sinistra, impregnata da una forma estrema di marxismo culturale. Basti considerare il pericoloso concetto di “micro-aggressione”: qualsiasi cosa, detta o scritta da chiunque, può essere giudicata come atto di violenza da chiunque la ascolti, sicché questi può reclamare uno “spazio protetto” nel quale sia messo al riparo da tali espressioni di pensiero.

Gli spazi protetti possono allargarsi sino a comprendere un intero campus universitario e, alla fine, l’intero paese, rendendo i ragazzi della Snowflake Generation (la “generazione dei permalosi iperemotivi” - NdT) i nuovi oppressori. Questa ideologia totalitaria sta scacciando via la ragione umana per dare campo libero solo all’emotività. In tal senso, essa è perfetta per la massa di pseudo-moralisti che affollano Twitter. Se i docenti avessero un minimo di spina dorsale, e un qualche attaccamento alla libertà, combatterebbero questa deriva, rifiutando di restare in silenzio.

L'alternativa è devastante: accettare che possa esistere il concetto di microaggressione comporta come corollario il via libera ai trigger warnings, cartelli o avvisi online che segnalano la presenza di lezioni, libri, seminari, immagini, che potrebbero, anche solo potenzialmente, infastidire qualcuno… Il che offre agli studenti la scusa per non leggere qualsiasi cosa che non si conformi all’ideologia dominante del momento. A questo punto, non vi è più spazio per le liste di libri da studiare. I trigger warning portano dritti al caos, rendendo impossibili gli stessi esami. Nemmeno la generazione del ‘68 tentò di smantellare il sistema universitario in un modo così radicale.

Se si entra in questa logica perversa, la libertà di parola non solo scompare, ma diventa, nei fatti, un nonsenso. La fondamentale distinzione tra le idee e le argomentazioni, da un lato, e le minacce fisiche dall’altro, svanisce del tutto. Il Primo Emendamento della costituzione americana (che sancisce la libertà di espressione - NdT) può esser così ritenuto un tragico errore commesso da alcuni ricchi uomini bianchi che volevano solo perpetuare l’oppressione del popolo con altri mezzi.

In questa follia orwelliana, le parole non hanno più un significato obiettivo, intrinseco: ciò che conta è il modo in cui gli altri “si percepiscono” soggettivamente, di modo che ogni cosa può essere vietata (se questa sfiora l’auto-percezione di qualcuno - NdT). Alla fine del tunnel, c’è una guerra hobbesiana di tutti contro tutti: il nostro sistema contrattualistico e istituzionale non può funzionare se non esiste più il giusto e l’errore, o quando nulla ha più un significato condiviso.

Mentre il ritorno della polizia politica è terribile, l’ideologia sottostante non è nuova. Chiunque accusi qualcuno di un reato è automaticamente classificato come “vittima” dalla polizia (quella vera), anche se l’accusa è senza prove o frutto di errore: sei una vittima se affermi di esser tale. Si tratta di puro e semplice nichilismo, come dimostrano altri concetti devastanti, come quello di “privilegio” e di “intersezionalità”.

Se uno è bianco o maschio, si dà per scontato che costui abbia dei vantaggi automatici, dei “privilegi”, il che implica che egli non possa pronunciare una parola su temi che riguardino i gruppi sociali svantaggiati; la libertà di parola diventa così impossibile e alcune persone sono ridotte al silenzio.

Sul versante dell’intersezionalità*, si tratta di un concetto sociologico “multiuso” sempre utile per accusare i dissidenti di razzismo o sessismo. Il passo successivo consiste nel riscrivere la storia e pretendere che il passato debba essere uguale al presente, eliminando e rimpiazzando le opere realizzate da autori bianchi ormai defunti.

Ma studiare le idee della civiltà occidentale, alla quale dobbiamo la ricchezza e la libertà che diamo per scontate, impone che si leggano i testi che hanno formato tale civiltà. E’ una gran cosa ampliare lo spettro degli studi – includendo, ed esempio, gli autori orientali – ma ciò dovrebbe essere in aggiunta, non in sostituzione dello studio sui classici dell’Occidente. L’idea che Platone, Aristotele o Kant siano meno importanti semplicemente perché furono uomini bianchi, o perché essi sarebbero espressione di una civiltà super-imperialista (un’altra accusa inconsistente), è cosa spregevole e inaccettabile. Cosa diavolo ha a che fare la razza con il pensiero ? Le idee dovrebbero essere indipendenti dal colore della pelle.

I giovani si sbagliano spesso: apprendere dai propri errori è il problema centrale quando si hanno vent’anni. Ma le università non hanno la stessa scusante. Sono davvero così fiacche, così contaminate da sentimenti anti-Occidentali, da non aver più la forza di contrastare questo attacco che mina le loro stesse fondamenta ? Dove sono i seminari, gli interventi, le lezioni a favore della libertà di parola ? E’ facile postare tweet su un deputato conservatore preso di mira, mentre è ben più difficile opporsi agli assalti culturali della Sinistra.

*) Intersezionalità: teoria sociologica secondo la quale le oppressioni sociali non sono di un solo tipo (reddituali, razziali, etniche, sessuali, ecc.) bensì multidimensionali (es.: certi gruppi sociali o certe persone sono in difficoltà non solo sul versante del reddito, ma anche per la criminalità dei loro quartieri, per l’assenza di scuole qualificate, per la religione professata, per l’orientamento sessuale, ecc.).

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