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Le cause dell’ipersensibilità elettromagnetica sono inspiegabili

L’Agenzia nazionale per la sicurezza sanitaria non ha individuato alcun collegamento tra l’esposizione alle onde elettromagnetiche e determinati disturbi fisici, ma non nega che questi esistano.

Dopo quattro anni di ricerche, l’Agenzia nazionale francese per la sicurezza sanitaria (Anses) ha elaborato un rapporto molto atteso sull’ipersensibilità elettromagnetica, un insieme di disturbi noti anche come elettro-ipersensibilità (EHS).

Sempre più persone lamentano gli effetti delle onde elettromagnetiche, del Wi-Fi, delle antenne, dei ripetitori per la telefonia cellulare e delle radiofrequenze. Ma i medici non sono ancora riusciti a individuare, a partire dai disturbi denunciati, una diagnosi univoca. I sintomi in questione sono vari: dolori, mal di testa o, più frequentemente, fatica e disturbi del sonno.

Olivier Merckel, a capo dell’Unità agenti fisici dell’Anses, riassume la situazione: “Dalla nostra analisi emergono due elementi sostanziali. Da una parte esiste l’evidenza dei sintomi accusati da tutti coloro che si dichiarano elettro-ipersensibili. Dall’altra, però, le attuali prove scientifiche non consentono di stabilire alcun rapporto di causa-effetto tra l’esposizione alle onde elettromagnetiche e i sintomi avvertiti”. Gli esperti non negano l’esistenza di questi disturbi, ma non sono ancora in grado di stabilirne l’origine. 

Diverse équipe di ricercatori hanno condotto ciò che gli specialisti definiscono “test di provocazione”: esperimenti tramite i quali i sintomi vengono indotti esponendo il paziente ad alcune onde elettromagnetiche. Gli esperti dell’Anses hanno analizzato e isolato una quarantina di nuovi test di questo tipo a partire dal 2009.

Da un punto di vista metodologico, i test più affidabili sono stati condotti con il cosiddetto meccanismo del "doppio cieco”: né il ricercatore, né il paziente sapevano se quest’ultimo fosse o meno sottoposto alle onde elettromagnetiche. Ebbene, nessuno di questi test “ha permesso di evidenziare in maniera affidabile e ripetibile nel tempo l’apparizione di sintomi o di anomalie biologiche o fisiologiche proprie dell’EHS”, precisa il rapporto. In particolare, nessuna persona (EHS o non EHS) sottoposta ai test è stata in grado di dire in quale momento avesse subito o meno l’esposizione alle onde elettromagnetiche.

Questa assenza di relazione causa-effetto può avere soltanto due spiegazioni: o non esiste alcun rapporto tra le onde elettromagnetiche e i disturbi descritti dai pazienti che si considerano EHS, oppure i cosiddetti test di provocazione presentano dei limiti metodologici che allo stato attuale non permettono di riscontrare questa relazione. L'Anses raccomanda di approfondire le ricerche in merito, specie per valutare la possibilità che esistano eventuali effetti ritardati nel tempo.

Diverse ricerche introducono peraltro il concetto di “effetto nocebo”: una normale reazione psicofisiologica che consiste nell’accusare sintomi negativi in seguito all’esposizione ad un fattore esterno come le onde (arbitrariamente percepito come dannoso - ndt). In alcuni casi, infatti, i pazienti affetti da EHS dichiarano un numero più elevato di effetti negativi, rispetto ad altre persone, anche quando vengono esposti a fattori fittizi, in realtà inesistenti.

L’Anses rammenta inoltre che, non esistendo alcuna analisi standardizzata che consenta di riconoscere l’elettro-ipersensibilità, fare una diagnosi risulta ancora più complicato. “Oggi, l’unico modo di diagnosticare l’elettro-sensibilità è basarsi sui sintomi auto-dichiarati. Ciò che più balza agli occhi dalle diverse testimonianze è che moltissime persone erano passate continuamente da un medico all’altro”, spiega Olivier Merckel. Infatti, l’assenza di una precisa diagnosi, spinge – purtroppo - alcuni pazienti a rivolgersi a dei ciarlatani. “Abbiamo sollecitato più volte l’Haute Autorité de Santé (equivalente francese dell’Istituto Superiore di Sanità - ndt) al fine di migliorare l’assistenza in Francia. È necessario rafforzare le competenze degli operatori sanitari sull’argomento, e curare i sintomi per aiutare le persone che soffrono di EHS a vivere meglio”, conclude Olivier Merckel.

© Cyrille Vanlerberghe, 2018, Le Figaro