Mal di schiena: il movimento aiuta a guarire
L’ente previdenziale dei lavoratori dipendenti lancia una campagna di informazione per la prevenzione delle lombalgie croniche
Chi può vantarsi di non aver mai avuto un mal di schiena? Praticamente nessuno. Infatti, nel corso della vita, quattro francesi su cinque soffrono di dolori alla schiena. Ad oggi, una delle patologie più comuni per le quali si ricorre al medico di famiglia è il famoso “colpo della strega”. Nella maggior parte dei casi, si tratta di episodi privi di conseguenze. “In oltre nove casi su dieci, tutto ritorna nella norma in pochi giorni. Se invece, passato un mese o più, il disturbo non guarisce, si rischia che diventi cronico”, precisa il professor Bruno Fautrel, reumatologo all’ospedale della Pitié-Salpêtrière di Parigi.
Quando ciò accade, per la maggior parte delle persone colpite inizia un carosello infernale, con ripercussioni significative sulla qualità della vita e sull’attività professionale. Così, le lombalgie determinano quasi un terzo delle assenze prolungate dal lavoro – oltre i sei mesi – e sono, nell’ordine, la terza causa di riconoscimento di invalidità. Inoltre, complessivamente, esse comportano più di un miliardo di spesa a carico della previdenza sociale, ogni anno.
Per combattere contro questo passaggio allo stato cronico, la Cassa Nazionale di Assicurazione Malattia (CNAM) lancerà nei prossimi giorni una campagna di informazione a livello nazionale. “Lo slogan della campagna sarà: il movimento è la cura”, afferma il professor Bruno Fautrel. Perché, contrariamente a una nota teoria, a lungo difesa dai medici e ancora molto diffusa fra la popolazione, chi ha mal di schiena non deve rimanere a letto.
In realtà, restare distesi è il modo migliore per far durare a lungo il mal di schiena. “Trascorrere un periodo a letto può dare sollievo nella fase acuta del problema, ma tale fase non deve durare più di due o tre giorni. Appena i dolori diminuiscono per effetto degli analgesici, bisogna riprendere quanto prima la mobilità più normale possibile”, spiega il dottor Philippe Dupont, capo del Servizio di Rieducazione motoria del Centro ospedaliero dell’Île-de-France meridionale, e autore del libro “Mal de dos - 100 questions/réponses” (Il mal di schiena - 100 domande e risposte), Edizioni Ellipse.
Al messaggio diffuso dall’ente previdenziale si unisce quello dei comitati scientifici dei chinesiterapisti, dei medici generici e degli specialisti. “Astenersi dal lavoro non è la soluzione. Bisogna aiutare il paziente, affinché porti avanti l’attività fisica, la sua vita professionale e personale. Si tratta di una vera e propria terapia clinica, che assiste il paziente nella costruzione di una strategia per uscire dal problema”, puntualizza il dottor Pierre-Louis Druais, presidente del Collegio di medicina generale, dalla rivista Quotidien du médecin, in occasione della presentazione della campagna d’informazione agli operatori sanitari.
Il movimento e l’attività permettono sia di combattere la paura di farsi male – la cosiddetta chinesiofobia – sia di evitare che si crei un circolo vizioso: per paura del dolore non ci si muove più, così si perde tono muscolare, fino a quando si arriva al punto di non poter più fare sforzi e sentire sempre dolore.
A volte, per chi soffre, l’obbligo a muoversi può sembrare una cosa impossibile. “Ovviamente, bisogna praticare un’attività sopportabile. Ma bisogna anche dissociare il dolore dalla gravità del disturbo. Spesso si tende a pensare “mi fa male, perciò è grave”. Ma non è necessariamente così. Se il dolore persiste, questo non significa che finiremo paralizzati”, insiste il dottor Philippe Dupont.
In altre parole, muoversi, senza farsi male, a lungo andare allevierà il dolore. E, se necessario, può essere utile farsi assistere da un chinesiterapista. “Noi possiamo aiutare i pazienti a trovare il movimento giusto, che li farà migliorare senza farsi male”, spiega Xavier Dufour, rappresentante del Collegio di masso-chinesiterapia.
Oltre all’inattività fisica e alla paura di farsi male, altri fattori possono favorire il passaggio alla stato cronico. Anche le condizioni psicosociali hanno la loro influenza. Così, per i lavoratori che si sentono sfruttati e non sostenuti, la probabilità di assentarsi dal lavoro a causa del mal di schiena è maggiore. Peraltro, alcuni mestieri, più degli altri, sono spesso causa di problemi alla schiena. Non sorprende che i lavori legati al settore dei trasporti, a quello dell’edilizia e a quello dei lavori pubblici siano considerati a rischio.
Invece, a sorpresa, i più pericolosi sono i mestieri legati alla cura della persona. “Le infermiere e le inservienti sono molto colpite da problemi alla schiena. Sfortunatamente, durante il loro corso di studi, non viene loro insegnato come muoversi in modo corretto al fine di prevenire tali disturbi”, insiste Xavier Dufour.
La prevenzione, in questo settore come in tanti altri, è ancora un campo in cui c’è molto da fare.
© Anne Prigent, 2017, Le Figaro
Mal di schiena: il movimento aiuta a guarire
L’ente previdenziale dei lavoratori dipendenti lancia una campagna di informazione per la prevenzione delle lombalgie croniche
Chi può vantarsi di non aver mai avuto un mal di schiena? Praticamente nessuno. Infatti, nel corso della vita, quattro francesi su cinque soffrono di dolori alla schiena. Ad oggi, una delle patologie più comuni per le quali si ricorre al medico di famiglia è il famoso “colpo della strega”. Nella maggior parte dei casi, si tratta di episodi privi di conseguenze. “In oltre nove casi su dieci, tutto ritorna nella norma in pochi giorni. Se invece, passato un mese o più, il disturbo non guarisce, si rischia che diventi cronico”, precisa il professor Bruno Fautrel, reumatologo all’ospedale della Pitié-Salpêtrière di Parigi.
Quando ciò accade, per la maggior parte delle persone colpite inizia un carosello infernale, con ripercussioni significative sulla qualità della vita e sull’attività professionale. Così, le lombalgie determinano quasi un terzo delle assenze prolungate dal lavoro – oltre i sei mesi – e sono, nell’ordine, la terza causa di riconoscimento di invalidità. Inoltre, complessivamente, esse comportano più di un miliardo di spesa a carico della previdenza sociale, ogni anno.
Per combattere contro questo passaggio allo stato cronico, la Cassa Nazionale di Assicurazione Malattia (CNAM) lancerà nei prossimi giorni una campagna di informazione a livello nazionale. “Lo slogan della campagna sarà: il movimento è la cura”, afferma il professor Bruno Fautrel. Perché, contrariamente a una nota teoria, a lungo difesa dai medici e ancora molto diffusa fra la popolazione, chi ha mal di schiena non deve rimanere a letto.
In realtà, restare distesi è il modo migliore per far durare a lungo il mal di schiena. “Trascorrere un periodo a letto può dare sollievo nella fase acuta del problema, ma tale fase non deve durare più di due o tre giorni. Appena i dolori diminuiscono per effetto degli analgesici, bisogna riprendere quanto prima la mobilità più normale possibile”, spiega il dottor Philippe Dupont, capo del Servizio di Rieducazione motoria del Centro ospedaliero dell’Île-de-France meridionale, e autore del libro “Mal de dos - 100 questions/réponses” (Il mal di schiena - 100 domande e risposte), Edizioni Ellipse.
Al messaggio diffuso dall’ente previdenziale si unisce quello dei comitati scientifici dei chinesiterapisti, dei medici generici e degli specialisti. “Astenersi dal lavoro non è la soluzione. Bisogna aiutare il paziente, affinché porti avanti l’attività fisica, la sua vita professionale e personale. Si tratta di una vera e propria terapia clinica, che assiste il paziente nella costruzione di una strategia per uscire dal problema”, puntualizza il dottor Pierre-Louis Druais, presidente del Collegio di medicina generale, dalla rivista Quotidien du médecin, in occasione della presentazione della campagna d’informazione agli operatori sanitari.
Il movimento e l’attività permettono sia di combattere la paura di farsi male – la cosiddetta chinesiofobia – sia di evitare che si crei un circolo vizioso: per paura del dolore non ci si muove più, così si perde tono muscolare, fino a quando si arriva al punto di non poter più fare sforzi e sentire sempre dolore.
A volte, per chi soffre, l’obbligo a muoversi può sembrare una cosa impossibile. “Ovviamente, bisogna praticare un’attività sopportabile. Ma bisogna anche dissociare il dolore dalla gravità del disturbo. Spesso si tende a pensare “mi fa male, perciò è grave”. Ma non è necessariamente così. Se il dolore persiste, questo non significa che finiremo paralizzati”, insiste il dottor Philippe Dupont.
In altre parole, muoversi, senza farsi male, a lungo andare allevierà il dolore. E, se necessario, può essere utile farsi assistere da un chinesiterapista. “Noi possiamo aiutare i pazienti a trovare il movimento giusto, che li farà migliorare senza farsi male”, spiega Xavier Dufour, rappresentante del Collegio di masso-chinesiterapia.
Oltre all’inattività fisica e alla paura di farsi male, altri fattori possono favorire il passaggio alla stato cronico. Anche le condizioni psicosociali hanno la loro influenza. Così, per i lavoratori che si sentono sfruttati e non sostenuti, la probabilità di assentarsi dal lavoro a causa del mal di schiena è maggiore. Peraltro, alcuni mestieri, più degli altri, sono spesso causa di problemi alla schiena. Non sorprende che i lavori legati al settore dei trasporti, a quello dell’edilizia e a quello dei lavori pubblici siano considerati a rischio.
Invece, a sorpresa, i più pericolosi sono i mestieri legati alla cura della persona. “Le infermiere e le inservienti sono molto colpite da problemi alla schiena. Sfortunatamente, durante il loro corso di studi, non viene loro insegnato come muoversi in modo corretto al fine di prevenire tali disturbi”, insiste Xavier Dufour.
La prevenzione, in questo settore come in tanti altri, è ancora un campo in cui c’è molto da fare.
© Anne Prigent, 2017, Le Figaro
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