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Primo Maggio o Labor Day?

La festa del 1° maggio ha avuto, per lungo tempo, un significato duplice, talora anche contraddittorio. Da un lato, è la festa delle fioriture di maggio e dell’arrivo della primavera; dall’altro è il giorno della solidarietà tra i lavoratori, e, non di rado, l’occasione per le loro proteste o rivendicazioni contrattuali. Inoltre, è singolare che negli Stati Uniti la festa del lavoro sia celebrata con il Labor Day, che cade nel primo lunedì di settembre, mentre negli altri paesi del mondo la ricorrenza è fissata al 1° maggio.

Tutto ciò, come spesso capita nei tornanti della storia, è frutto del caso. Fino ai primi del ‘900 la ricorrenza aveva due connotazioni molto distanti, in ambienti ben diversi tra loro. Per la borghesia, con il 1° maggio si festeggiava l’arrivo della primavera, e ciò dava il destro per piacevoli picnic sui prati, pranzi nei giardini, sfoggio dei nuovi vestiti, tate affaccendate nel riaprire le case di campagna. Invece, per i socialisti, i comunisti e gli anarchici, che cominciavano a diffondersi nel mondo operaio, quel giorno significava assemblee, comizi e sfilate, talvolta con proteste e scontri con la polizia. D’altronde, per loro il 1° maggio aveva un significato molto forte, addirittura tragico, risalente a molti anni prima.

E qui occorre fare un po’ di storia.

Infatti, nel 1866 lo stato dell’Illinois aveva varato una legge che fissava in otto ore l’orario massimo di lavoro giornaliero. La legge entrò in vigore il 1° maggio dell’anno successivo. Negli anni seguenti, l’adozione delle otto ore si diffuse, molto lentamente, in alcuni altri stati dell’Unione.

Nel 1886, in occasione del 19° anniversario di quella prima innovazione legislativa, la confederazione dei sindacati americani decise che il 1° maggio di quell’anno doveva essere il giorno limite, una sorta di ultimatum, entro cui si chiedeva che il limite orario fosse finalmente adottato in tutti gli stati, senza eccezioni. In difetto, era previsto uno sciopero generale a oltranza su scala nazionale.

Visto che l’ultimatum non ebbe successo, il 1° maggio 1886 iniziò lo sciopero, che si prevedeva di far durare sine die. Chicago fu fra le città maggiormente coinvolte dalle proteste, ma il primo giorno di sciopero si svolse con relativa tranquillità. Lo scenario cambiò il 3 maggio, quando vi furono atti di violenza attorno ad una fabbrica di macchine agricole, con due morti fra gli operai e vari feriti. Per protestare contro la durezza della polizia, gli anarchici proclamarono per il giorno dopo, 4 maggio, un’altra manifestazione, questa volta convocata in Haymarket square (si trattava della piazza talora usata per il mercato delle attrezzature agricole). Qui, durante il comizio di un leader anarchico, una bomba esplose in mezzo ad uno squadrone di poliziotti che si era posizionato a fianco del palco, provocando la morte di otto agenti e il ferimento di altri 67. I poliziotti spararono e ferirono circa 200 persone intorno, mentre otto dimostranti furono arrestati. Quattro di loro furono condannati a morte e giustiziati nell’anno successivo. La sentenza suscitò lo sdegno di larga parte dell’opinione pubblica, talché ai funerali dei condannati parteciparono 150mila persone. Il governatore, invece, ne graziò altri tre, mentre l’ottavo si era suicidato in prigione tempo prima. La strage di Haymarket è da allora ricordata come uno degli eventi più gravi e tragici della storia civile americana.

Per conseguenza, nel 1889, la Seconda Internazionale socialista (una associazione tra i partiti socialcomunisti europei fondata in quello stesso anno a Parigi) proclamò il 1° maggio come “Giornata internazionale dei lavoratori”, proprio in ricordo dei fatti di Haymarket. La ricorrenza venne presto adottata in molti paesi del mondo.

Tuttavia, alcuni stati dell’Unione avevano già introdotto, a partire dal 1887, una loro festa del lavoro, da tenersi nel primo lunedì di settembre e priva di valenze rivendicative o politiche. Il presidente Grover Cleveland ritenne che fosse preferibile conservare la versione americana e non accodarsi alla nuova ricorrenza del 1° maggio, temendo che quest’ultima potesse favorire la diffusione del socialismo in America. Vi furono molti dibattiti tra sindacalisti e politici su quale delle due date fosse da preferire, ma alla fine prevalse l’orientamento moderato e nel 1894 il governo adottò ufficialmente la versione del Labor Day, da tenersi a settembre. Poi, per gli americani, questo giorno è diventato anche lo spartiacque tra le vacanze estive e il rientro alle attività di studio e lavoro. Con il Labor Day, di fatto, finisce l’estate degli americani.

Per inciso, va ricordato che in Italia le otto ore lavorative furono adottate solo nel 1923, con il Regio decreto n.692, un anno dopo l’avvento del fascismo.

La storia qui raccontata conferma, se mai ve ne fosse bisogno, la profonda differenza culturale tra mondo americano e mondo europeo. Oltre Atlantico le ideologie del novecento europeo non hanno mai preso veramente piede. In quella terra tanto vasta quanto difficile da domare, i coloni e i loro discendenti hanno sempre privilegiato il senso di conquista, la voglia, o la necessità, di costruire strade, ponti, case, lasciando alle spalle tutte le diatribe su come ripartire la ricchezza. L’urgenza più pressante, o l’opportunità per tutti, era, e forse resta ancora, quella di lavorare sodo per conquistarsi le ricchezze elargite da una terra sconfinata.

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