Scuola in Francia: sì alle divise, no agli smartphone
Nuove regole in Francia nel mondo della scuola.
Dopo l’approvazione della legge che vieta i cellulari in classe, misura che Macron aveva già annunciato durante la campagna per le elezioni presidenziali, sono in molti a chiedersi se il governo italiano prenderà spunto dal nuovo corso francese. Anche sulle divise scolastiche la Francia pare stia prendendo una posizione ben precisa. Il motivo che ha spinto il preside di un istituto d'oltralpe a imporre l’uso della divisa risiede nei diversi casi di bullismo connessi a differenze sociali o culturali e a diverse provenienze etniche. La decisione è stata accolta positivamente anche dal ministro dell’Istruzione francese, Jean-Michel Blanquer, il quale ha dichiarato che “è necessario consentire agli istituti che lo desiderino andare avanti su questa strada”.
In Italia, la divisa scolastica è stata sinora adottata solo in alcuni casi abbastanza isolati. Gli studenti dell’istituto alberghiero di Mondovì, per esempio, la indossano durante le lezioni teoriche e le uscite didattiche. Stessa regola nella scuola media statale di Montignoso, piccolo comune tra le Versilia e le Alpi Apuane, dove i 400 alunni hanno un’uniforme grazie allo sponsor della Fondazione Campolonghi, creata dal presidente dell'omonima azienda di marmi. In questo caso si è optato per divise di disegno casual e adatte anche per attività all’aperto.
Secondo i fautori della divisa scolastica, la sua adozione ha diversi vantaggi: riduce le probabilità di bullismo ai danni di ragazzi che, per le più svariate ragioni, non seguono i dettami della maggioranza, riduce la percezione delle differenze economiche tra le famiglie, favorisce la formazione di un forte senso di comunità tra i ragazzi. Inoltre, la divisa accelera le operazioni di vestizione al mattino e aumenta la sicurezza degli allievi, visto che diventano facilmente riconoscibili in strada e nei luoghi pubblici in genere (gite, escursioni, ecc.).
I contrari sostengono che la divisa scolastica è un costo aggiuntivo e che “reprime l'espressione di sé” nei ragazzi. Diatribe di questo tipo non esistono in diversi altri paesi del mondo nei quali la divisa è obbligatoria. In India, per esempio, la tenuta scolastica è prevista in tutti gli istituti e vi è anche grande attenzione per come le bambine tengono i capelli, che devono essere sempre puliti e ben raccolti con fermagli o fasce. Anche nel Regno Unito la divisa è adottata in tutte le scuole, sia pubbliche che private, ma solo nelle classi sino ai 14-15 anni di età. Nelle classi superiori vi è un qualche maggior varietà di regole tra i diversi istituti.
In Italia, dove vige un sistema di larga autonomia scolastica, ogni istituto può decidere se adottare o meno la divisa modificando il proprio regolamento. Sono i presidi, gli insegnanti, talvolta persino i genitori, che la richiedono, la ignorano o la contestano, con discussioni interminabili tra favorevoli e contrari.
Situazione analoga vale per i cellulari. Mancando una regola nazionale unica, ogni scuola decide per proprio conto. Ma molti istituti vietano l’uso dei cellulari in classe, anche se purtroppo non di rado capita che i ragazzi abbiano due cellulari con sé: uno lo consegnano all’entrata, l’altro lo usano di nascosto. Ed è inutile aggiungere che simili comportamenti sono di fatto avallati da genitori poco responsabili o molto distratti. Le scuole, dal canto loro, forse potrebbero fare di più per far comprendere ai genitori che il cellulare a scuola è una grande fonte di disturbo e non aggiunge nulla in termini di sicurezza per i loro figli.
© 2018, Thema International
Scuola in Francia: sì alle divise, no agli smartphone
Nuove regole in Francia nel mondo della scuola.
Dopo l’approvazione della legge che vieta i cellulari in classe, misura che Macron aveva già annunciato durante la campagna per le elezioni presidenziali, sono in molti a chiedersi se il governo italiano prenderà spunto dal nuovo corso francese. Anche sulle divise scolastiche la Francia pare stia prendendo una posizione ben precisa. Il motivo che ha spinto il preside di un istituto d'oltralpe a imporre l’uso della divisa risiede nei diversi casi di bullismo connessi a differenze sociali o culturali e a diverse provenienze etniche. La decisione è stata accolta positivamente anche dal ministro dell’Istruzione francese, Jean-Michel Blanquer, il quale ha dichiarato che “è necessario consentire agli istituti che lo desiderino andare avanti su questa strada”.
In Italia, la divisa scolastica è stata sinora adottata solo in alcuni casi abbastanza isolati. Gli studenti dell’istituto alberghiero di Mondovì, per esempio, la indossano durante le lezioni teoriche e le uscite didattiche. Stessa regola nella scuola media statale di Montignoso, piccolo comune tra le Versilia e le Alpi Apuane, dove i 400 alunni hanno un’uniforme grazie allo sponsor della Fondazione Campolonghi, creata dal presidente dell'omonima azienda di marmi. In questo caso si è optato per divise di disegno casual e adatte anche per attività all’aperto.
Secondo i fautori della divisa scolastica, la sua adozione ha diversi vantaggi: riduce le probabilità di bullismo ai danni di ragazzi che, per le più svariate ragioni, non seguono i dettami della maggioranza, riduce la percezione delle differenze economiche tra le famiglie, favorisce la formazione di un forte senso di comunità tra i ragazzi. Inoltre, la divisa accelera le operazioni di vestizione al mattino e aumenta la sicurezza degli allievi, visto che diventano facilmente riconoscibili in strada e nei luoghi pubblici in genere (gite, escursioni, ecc.).
I contrari sostengono che la divisa scolastica è un costo aggiuntivo e che “reprime l'espressione di sé” nei ragazzi. Diatribe di questo tipo non esistono in diversi altri paesi del mondo nei quali la divisa è obbligatoria. In India, per esempio, la tenuta scolastica è prevista in tutti gli istituti e vi è anche grande attenzione per come le bambine tengono i capelli, che devono essere sempre puliti e ben raccolti con fermagli o fasce. Anche nel Regno Unito la divisa è adottata in tutte le scuole, sia pubbliche che private, ma solo nelle classi sino ai 14-15 anni di età. Nelle classi superiori vi è un qualche maggior varietà di regole tra i diversi istituti.
In Italia, dove vige un sistema di larga autonomia scolastica, ogni istituto può decidere se adottare o meno la divisa modificando il proprio regolamento. Sono i presidi, gli insegnanti, talvolta persino i genitori, che la richiedono, la ignorano o la contestano, con discussioni interminabili tra favorevoli e contrari.
Situazione analoga vale per i cellulari. Mancando una regola nazionale unica, ogni scuola decide per proprio conto. Ma molti istituti vietano l’uso dei cellulari in classe, anche se purtroppo non di rado capita che i ragazzi abbiano due cellulari con sé: uno lo consegnano all’entrata, l’altro lo usano di nascosto. Ed è inutile aggiungere che simili comportamenti sono di fatto avallati da genitori poco responsabili o molto distratti. Le scuole, dal canto loro, forse potrebbero fare di più per far comprendere ai genitori che il cellulare a scuola è una grande fonte di disturbo e non aggiunge nulla in termini di sicurezza per i loro figli.
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