Signore e signori, ecco a voi il “Sakè nouveau”!
Dopo il successo ottenuto con il celebre vino francese Beaujolais, la Maison du Sakè punta oggi i riflettori sul tradizionale liquore giapponese a base di riso.
L’année Japonismes [1], che è iniziato a giugno 2018, potrebbe essere la giusta occasione per porre fine una volta per tutte a uno spiacevole malinteso. Da molti anni, il sakè, la “bevanda degli dei”, viene identificato con l’improbabile e disgustoso liquore offerto ai clienti nei ristoranti cinesi alla fine del pasto. E questo danneggia gravemente la reputazione del celebre liquore giapponese a base di riso, tanto diverso da quegli ignobili beveroni come può esserlo un raffinato vino rosso di Bordeaux da un qualunque vinello dell’area mediterranea.
È importante ricordare che il sakè, quello vero, viene prodotto a partire da riso di prima scelta. Questo, dopo esser stato raccolto, viene subito levigato: tale operazione permette di conservare solo la parte interna del chicco di riso, più ricca di amido. Poi, il riso viene cotto e vi si aggiunge il koji-kin – un fungo produttore di enzimi – insieme al lievito. Inizia allora la fermentazione, che dura dai venti ai quaranta giorni circa. Il processo di produzione termina con la spremitura e la pastorizzazione. A questo punto, la bevanda contiene una quantità di alcol pari al 15%, ovvero l’equivalente di un Bordeaux Saint-Émilion delle ultime annate. Dunque, come quest’ultimo, costituisce una bevanda da pasto.
Oggi, una dozzina di chef di fama internazionale, fra i quali Alexandre Gauthier del ristorante La Grenouillère (Pas-de-Calais) e William Ledeuil del KGB (Parigi), propongono il “nuovo sakè” in abbinamento con i piatti della tradizione francese, dando luogo a inedite, deliziose creazioni gastronomiche. In effetti, è la prima volta che si sente parlare di una “nuova versione” di questa bevanda. Si tratta di una geniale trovata pubblicitaria oppure di un modo per far conoscere un’antichissima tradizione? “Alla fine di gennaio, i produttori giapponesi procedono alle ultime fasi di filtraggio e imbottigliamento del liquore e propongono un ‘Sakè nouveau’ non pastorizzato: questo significa che il sakè non viene più sottoposto a un forte innalzamento della temperatura per poi essere raffreddato al fine di conservarsi meglio”, spiega Youlin Ly, il ristoratore parigino proprietario de La Maison du Saké, ideatore di questa operazione commerciale. “Il sakè prodotto attraverso questo nuovo procedimento può essere consumato per un periodo di circa sei settimane a partire dal momento in cui è stato filtrato”. Al palato, questa bevanda risulta più corposa del sakè che tutti conosciamo, il gusto è deciso, l’aroma fruttato, la freschezza più intensa. Tutto questo lo rende una bevanda raffinata, adatta a ogni tipo di pietanza.
L’interesse per il sakè continua a crescere
L’unica azienda che parteciperà a questa prima produzione del “Sakè nouveau”, sarà la Maison Dassai. Fino a una dozzina di anni fa, questo diverso tipo di sakè, prodotto nel birrificio Asahi Shuzo, situato nel cuore delle montagne vicino alla piccola città di Iwakuni, nella regione occidentale dell’isola giapponese di Honshu, era del tutto sconosciuto. Poi, grazie alla produzione di questa bevanda, in brevissimo tempo la Maison Dassai è diventata uno dei cinque principali produttori di sakè al mondo. La Dassai – come altre aziende – ha deciso di interrompere la produzione del sakè tradizionale, che si gusta in tazza, è quasi inodore e le cui raffinate qualità, come ad esempio il sapore dell’acqua, sono difficilmente percepibili dai palati occidentali. Dassai produce ora un sakè che alcuni intenditori definiscono “contemporaneo” - anche se in Giappone non viene fatta alcuna distinzione fra classico e moderno.
Questa iniziativa fa parte dei numerosi scambi commerciali tra la Francia e il paese del Sol Levante che hanno contribuito a costruire solide relazioni culturali fra i due paesi. “Noi ci ispiriamo a ciò che ha fatto Georges Dubœuf, produttore di vino Beaujolais, negli anni ’80. Dopo trent’anni, ogni terzo giovedì del mese di novembre, i giapponesi festeggiano con entusiasmo la denominazione DOC conferita al Beaujolais, così in pochi giorni vengono venduti milioni di bottiglie. Certo, questo provoca qualche défaillance: non tutti i Beaujolais esportati sono di qualità eccelsa. Ma comunque, al di là di tutto, questo fenomeno ha permesso a tanti giapponesi di scoprire il vino nel senso più ampio del termine. Molti di loro sono diventati grandi appassionati di vino, alcuni addirittura degli esperti. Noi ci auguriamo che il ‘nuovo sakè’ raggiunga lo stesso risultato”, continua Youlin Ly. Attualmente, il consumo di sakè in Francia risulta ancora poco diffuso. Nell’Esagono, ogni anno, se ne vendono solo cinquantamila bottiglie. Il margine di sviluppo è enorme. L’Europa non si è ancora lasciata conquistare da questa bevanda, mentre gli americani hanno iniziato molto tempo fa a produrre in proprio il loro liquore di riso. Tuttavia, l’interesse per il sakè è in continua crescita. Nella primavera 2018, ha aperto a Parigi, nel Marais, un concept store dedicato ai sakè di Niigata [città giapponese e luogo di elezione di questa bevanda – ndt]. Inoltre, a quanto sembra, anche un’azienda leader nel settore dei prodotti di lusso starebbe studiando la possibilità di produrre in Giappone un sakè di prima scelta.
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1] Si tratta di un periodo di grandi manifestazioni ed eventi franco-nipponici, organizzati per celebrare l’anniversario del gemellaggio fra Parigi e Tokyo, i 160 anni delle relazioni diplomatiche, e molti altri avvenimenti che hanno contribuito a consolidare i rapporti fra Francia e Giappone – ndt.
Info: sakenouveau.com
© Stéphane Reynaud, 2018, Le Figaro
Signore e signori, ecco a voi il “Sakè nouveau”!
Dopo il successo ottenuto con il celebre vino francese Beaujolais, la Maison du Sakè punta oggi i riflettori sul tradizionale liquore giapponese a base di riso.
L’année Japonismes [1], che è iniziato a giugno 2018, potrebbe essere la giusta occasione per porre fine una volta per tutte a uno spiacevole malinteso. Da molti anni, il sakè, la “bevanda degli dei”, viene identificato con l’improbabile e disgustoso liquore offerto ai clienti nei ristoranti cinesi alla fine del pasto. E questo danneggia gravemente la reputazione del celebre liquore giapponese a base di riso, tanto diverso da quegli ignobili beveroni come può esserlo un raffinato vino rosso di Bordeaux da un qualunque vinello dell’area mediterranea.
È importante ricordare che il sakè, quello vero, viene prodotto a partire da riso di prima scelta. Questo, dopo esser stato raccolto, viene subito levigato: tale operazione permette di conservare solo la parte interna del chicco di riso, più ricca di amido. Poi, il riso viene cotto e vi si aggiunge il koji-kin – un fungo produttore di enzimi – insieme al lievito. Inizia allora la fermentazione, che dura dai venti ai quaranta giorni circa. Il processo di produzione termina con la spremitura e la pastorizzazione. A questo punto, la bevanda contiene una quantità di alcol pari al 15%, ovvero l’equivalente di un Bordeaux Saint-Émilion delle ultime annate. Dunque, come quest’ultimo, costituisce una bevanda da pasto.
Oggi, una dozzina di chef di fama internazionale, fra i quali Alexandre Gauthier del ristorante La Grenouillère (Pas-de-Calais) e William Ledeuil del KGB (Parigi), propongono il “nuovo sakè” in abbinamento con i piatti della tradizione francese, dando luogo a inedite, deliziose creazioni gastronomiche. In effetti, è la prima volta che si sente parlare di una “nuova versione” di questa bevanda. Si tratta di una geniale trovata pubblicitaria oppure di un modo per far conoscere un’antichissima tradizione? “Alla fine di gennaio, i produttori giapponesi procedono alle ultime fasi di filtraggio e imbottigliamento del liquore e propongono un ‘Sakè nouveau’ non pastorizzato: questo significa che il sakè non viene più sottoposto a un forte innalzamento della temperatura per poi essere raffreddato al fine di conservarsi meglio”, spiega Youlin Ly, il ristoratore parigino proprietario de La Maison du Saké, ideatore di questa operazione commerciale. “Il sakè prodotto attraverso questo nuovo procedimento può essere consumato per un periodo di circa sei settimane a partire dal momento in cui è stato filtrato”. Al palato, questa bevanda risulta più corposa del sakè che tutti conosciamo, il gusto è deciso, l’aroma fruttato, la freschezza più intensa. Tutto questo lo rende una bevanda raffinata, adatta a ogni tipo di pietanza.
L’interesse per il sakè continua a crescere
L’unica azienda che parteciperà a questa prima produzione del “Sakè nouveau”, sarà la Maison Dassai. Fino a una dozzina di anni fa, questo diverso tipo di sakè, prodotto nel birrificio Asahi Shuzo, situato nel cuore delle montagne vicino alla piccola città di Iwakuni, nella regione occidentale dell’isola giapponese di Honshu, era del tutto sconosciuto. Poi, grazie alla produzione di questa bevanda, in brevissimo tempo la Maison Dassai è diventata uno dei cinque principali produttori di sakè al mondo. La Dassai – come altre aziende – ha deciso di interrompere la produzione del sakè tradizionale, che si gusta in tazza, è quasi inodore e le cui raffinate qualità, come ad esempio il sapore dell’acqua, sono difficilmente percepibili dai palati occidentali. Dassai produce ora un sakè che alcuni intenditori definiscono “contemporaneo” - anche se in Giappone non viene fatta alcuna distinzione fra classico e moderno.
Questa iniziativa fa parte dei numerosi scambi commerciali tra la Francia e il paese del Sol Levante che hanno contribuito a costruire solide relazioni culturali fra i due paesi. “Noi ci ispiriamo a ciò che ha fatto Georges Dubœuf, produttore di vino Beaujolais, negli anni ’80. Dopo trent’anni, ogni terzo giovedì del mese di novembre, i giapponesi festeggiano con entusiasmo la denominazione DOC conferita al Beaujolais, così in pochi giorni vengono venduti milioni di bottiglie. Certo, questo provoca qualche défaillance: non tutti i Beaujolais esportati sono di qualità eccelsa. Ma comunque, al di là di tutto, questo fenomeno ha permesso a tanti giapponesi di scoprire il vino nel senso più ampio del termine. Molti di loro sono diventati grandi appassionati di vino, alcuni addirittura degli esperti. Noi ci auguriamo che il ‘nuovo sakè’ raggiunga lo stesso risultato”, continua Youlin Ly. Attualmente, il consumo di sakè in Francia risulta ancora poco diffuso. Nell’Esagono, ogni anno, se ne vendono solo cinquantamila bottiglie. Il margine di sviluppo è enorme. L’Europa non si è ancora lasciata conquistare da questa bevanda, mentre gli americani hanno iniziato molto tempo fa a produrre in proprio il loro liquore di riso. Tuttavia, l’interesse per il sakè è in continua crescita. Nella primavera 2018, ha aperto a Parigi, nel Marais, un concept store dedicato ai sakè di Niigata [città giapponese e luogo di elezione di questa bevanda – ndt]. Inoltre, a quanto sembra, anche un’azienda leader nel settore dei prodotti di lusso starebbe studiando la possibilità di produrre in Giappone un sakè di prima scelta.
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1] Si tratta di un periodo di grandi manifestazioni ed eventi franco-nipponici, organizzati per celebrare l’anniversario del gemellaggio fra Parigi e Tokyo, i 160 anni delle relazioni diplomatiche, e molti altri avvenimenti che hanno contribuito a consolidare i rapporti fra Francia e Giappone – ndt.
Info: sakenouveau.com
© Stéphane Reynaud, 2018, Le Figaro
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