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Theresa May ha tradito l’elettorato? Molti lettori del Telegraph credono di sì

Il postino, con le gambe tozze sempre avvolte nei pantaloncini corti e abbronzate dal sole anomalo della scorsa settimana, cammina a fatica sotto il peso di due sacchi stracolmi, facendosi strada verso la buca delle lettere del Daily Telegraph.

Questa è solo una metafora: oggi quasi tutte le lettere arrivano al Telegraph sotto forma di email. Ce ne sono state molte dopo venerdì scorso, quando Theresa May ha tenuto prigioniero il governo, senza telefoni, nel suo rifugio nel Buckinghamshire, a Chequers Court: ne sono arrivate a centinaia, direttamente dal cloud, come le stelle cadenti nelle notti di metà agosto.

Sono state lette tutte e il direttore le ha tenute nella giusta considerazione, ma solo una parte di esse può essere pubblicata: è dallo scandalo dei rimborsi e delle note spese dei deputati nell’estate del 2009 che la pagina Posta dei lettori non subiva l’invasione di una tale ondata di rabbia. Il risentimento è al centro di tutte queste email.

L’origine di tutto questo astio sta nella sensazione di essere stati traditi: nel referendum la maggioranza ha votato per la Brexit, ma la Brexit è rimasta soltanto nelle intenzioni del summit a Chequers Court. “Niente Brexit. Niente democrazia. Niente fiducia”, tuona una breve lettera proveniente dal Derbyshire, con parole che ricordano una vecchia canzone punk degli anni ’70.

Alcune delle opinioni espresse nelle lettere sono piuttosto estreme. Non mi pare che il Daily Telegraph abbia pubblicato alcuna lettera che accusi il Primo Ministro di tradimento. Dal punto di vista legale certamente non è colpevole di un tale crimine, ma diverse lettere che ci sono pervenute suggeriscono che lo sia stata.

I lettori del Telegraph non sono soliti dare prova di maleducazione, e allora chi sono esattamente le persone che ci hanno scritto? Non coincidono con gli elettori del partito conservatore, infatti una minoranza è simpatizzante dell’Ukip, mentre alcuni indicano una preferenza per i Laburisti. Molti di loro, dopo aver visto i politici giocare d’astuzia e sgomitare, ora dichiarano: “Entrambe le camere del parlamento ormai sono impestate”.

“Dove sono finiti i politici onesti che tengono fede alle promesse elettorali in virtù delle quali sono stati eletti?” chiede un lettore di Solihull. “Al loro posto, al governo, abbiamo solo dei traditori che pensano soltanto alle proprie poltrone”.

Alcuni, in preda alla rabbia, dichiarano che non andranno più a votare. Non sono sicuro che manterranno la promessa col passare dei mesi, ma si tratta di un’intenzione preoccupante. Dopo tutto, il deficit democratico dell’Unione Europea rappresenta la motivazione principale che ha spinto molti a votare pro Brexit. Se qualcuno è così motivato da seguire la politica sui giornali e poi metter mano alla tastiera per scrivere una lettera pubblica, è un male se non riceve ascolto dopo che ha espresso il suo voto nell’urna.

Persino in tempi normali, le persone che scrivono ai giornali non sono le stesse che amano leggerli. Ma in tempi di crisi si crea un senso di solidarietà tra chi compete per trovare posto nella pagina della Posta dei lettori. Capita spesso di vedere persone che scrivono lettere dicendo che le opinioni pubblicate degli altri lettori sono più sagge e oneste delle parole dei politici.

Per chi non si lascia trascinare dall’ira, l’umorismo è una risorsa preziosa. “Quando è stata eletta Theresa May speravo che fosse una seconda Margaret Thatcher” ha scritto un lettore di Caithness. “Purtroppo sembra piuttosto una riedizione di Edward Heath [1]”.

Anche trovare una metafora azzeccata può essere utile. Scrive un lettore del Leicestershire il quale ha l’impressione che la Brexit sia stata realizzata solo in parte: “Quando scendo dal pullman non voglio essere trascinato via senza poterci fare nulla perché il piede mi è rimasto incastrato nella porta”.

Negli ultimi quattro o cinque giorni ci sono stati talmente tanti riferimenti metaforici al famigerato appeasement di Neville Chamberlain nel 1938 che si è quasi spinti a provare pietà per Chamberlain.

Martedì, qualcuno ha persino adombrato che la Provvidenza abbia concesso a lord Carrington di morire pochi giorni fa per ricordare ai politici quale sarebbe il giusto comportamento da tenere in questo momento di pericolo per la nazione: lord Carrington era ministro degli Esteri quando scoppiò la guerra delle Falkland e si dimise con onore assumendosi le presunte colpe del Foreign Office [che secondo alcuni non aveva saputo prevedere l’attacco argentino - ndt].

Alcune persone ci hanno scritto per dirci: “Ridateci la pagina della Posta dei lettori”, come era prima. Vogliono parlare di Wimbledon, del salvataggio dei ragazzi in Thailandia, della RAF o del calcio inglese. Per loro abbiamo una buona notizia: stiamo tornando alla normalità (o forse stiamo per andare gambe all’aria).

Ma, per ogni lettera che si rammarica di tutta l’attenzione dedicata alla Brexit, ne arrivano centinaia che proprio di quello vogliono parlare: chiedono spazio sulla carta stampata e desiderano lasciare indelebile traccia di sé sulla versione online del Telegraph.

 

[1] Edward Heath, primo ministro dal 1970 al 1974 e leader dei Conservatori dal 1965 al 1975. Non viene solitamente ricordato per la volontà di ferro o il coraggio politico… - ndr.

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