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Un regalo piuttosto ingombrante...

Nel 2016, quella che all'epoca era l'ambasciatrice degli Stati Uniti in Francia (nominata da Obama), propose a Jeff Koons, uno dei più noti artisti americani, di progettare un'opera da donare alla città di Parigi, come segno di solidarietà per gli attentati terroristici subiti dalla capitale francese. L'opera è stata poi realizzata, risultando enorme, pesantissima (in tonnellate) e - secondo alcuni - di dubbio gusto. Ora si pone il problema della sua collocazione a Parigi. Ne è nata una diatriba che conferma quanto l'arte contemporanea possa suscitare a volte opinioni molto divergenti.

nota della redazione

La monumentale opera donata da Koons alla città di Parigi, stenta a trovare il proprio posto. Dopo aver ottenuto da alcuni mecenati i fondi necessari alla sua realizzazione, l’artista pretende che venga collocata dove vuole lui. Diverse personalità del mondo artistico denunciano una possibile forma di imperialismo.  

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Dove sistemare il Bouquet of Tulips, la gigantesca e variopinta opera che l’artista Jeff Koons ha deciso di donare alla città di Parigi per rendere omaggio alle vittime degli attentati del 2015?

La questione continua a creare problemi al sindaco di Parigi, e non solo a lei: donato da uno degli artisti più in vista del mondo, su proposta dell’Ambasciata degli Stati Uniti, il Bouquet si è trasformato, per tutta una serie di motivi, in un discreto problema per il comune e per il governo.

“Il Bouquet of Tulips è in corso di completamento, aspettiamo soltanto le autorizzazioni”, dichiara piuttosto irritata Emmanuelle de Noirmont, la gallerista di Jeff Koons. L’opera – dieci tulipani in una mano iperrealista, 33 tonnellate di peso – avrebbe dovuto essere collocata a Place de Tokyo (XVI arrondissement), tra il Palais de Tokyo e il Museo d’arte moderna, all’inizio di quest’anno.

“Il comune aveva suggerito diversi siti, tra cui i giardini Passy e il parco della Villette, ma Jeff Koons ha insistito perché venisse collocata in quel luogo preciso”, vale a dire nei pressi di due musei importanti, e all’incrocio di due avenues intitolate a due grandi presidenti americani: Wilson e Kennedy” – come il sindaco di Parigi, Anne Hidalgo, ha ricordato a Françoise Nissen, ministro della Cultura, a metà dicembre durante una colazione di lavoro.

La scelta della collocazione dell’opera, per quanto frutto di lunga riflessione, non ha ovviamente ricevuto consenso unanime. In un fotomontaggio, è possibile vedere il Bouquet, realizzato in bronzo, alluminio e metallo, competere nei suoi 10 metri di altezza con i due Palais, costruiti in occasione dell’Esposizione Universale del 1937. La scultura “acida” si staglia contro il colonnato del Palais de Tokyo: non si vede che lei. Per i suoi detrattori essa rappresenta l’impronta che l’ ”imperialismo artistico americano” intende lasciare in una città nella quale ogni centimetro quadrato di spazio urbano ha grande valore simbolico. “I Tulipes non possono essere considerati come un gesto di vera compassione da parte dell’America, salvo per coloro che reputano i doni americani sempre maldestri, interessati e kitsch”, commenta con un filo di irritazione Robert Rubin, ex-presidente del Centre Pompidou Foundation (la Società degli amici americani del museo). Bruno Juilliard, vicesindaco di Parigi con delega alla Cultura, non aggiunge altro.

Jean de Loisy, presidente del Palais de Tokyo, esprime le sue perplessità a più riprese, fondamentalmente per il fatto che il Palais è costantemente impegnato nella difesa sia della creatività francese, sia di una produzione artistica meno mainstream – tutte cose non esattamente incarnate da Jeff Koons. Dopo una visita all’atelier dell’artista in Germania, il commento di Jean de Loisy è il seguente: “Koons è indubbiamente un grande artista e il suo Bouquet costituirà un’opera di alta qualità. Se la presenza della sua installazione di fronte al Museo d’arte moderna ha una sua coerenza, non si può tuttavia dire lo stesso per il Palais de Tokyo…”.

Il direttore del Museo d’arte moderna, Fabrice Hergott, fervido sostenitore del progetto, non sarebbe invece contrario ad avere il Bouquet davanti alla propria porta di casa, alla stregua del Puppy – sempre realizzato da Koons e, a partire dal 1997 [ndt], collocato davanti al Museo Guggenheim di Bilbao. “Il Bouquet, una delle grandi opere di Koons, avrà una grande ricaduta sul quartiere e darà visibilità ai nostri musei”, afferma Hergott.

Il ministro della Cultura ha, finora, osservato un prudente silenzio, non essendo la questione interamente di sua competenza. Ma arrivati a questo punto, una sua presa di posizione si rende necessaria. Vari artisti, in particolare alcuni giovani creativi francesi, si sono già preoccupati di allertarla in questo senso. Essi temono che un Bouquet americano “piantato” davanti al Palais de Tokyo possa essere interpretato come un segnale negativo o addirittura contraddittorio. Il ministro Françoise Nyssen ha quindi preteso dalla DRAC, la Direzione regionale degli affari culturali, ulteriori indagini. In realtà, la Soprintendenza del comune di Parigi aveva, a suo tempo, già evidenziato diversi rischi, tra i quali la possibilità di danni strutturali alla sala del Palais de Tokyo sottostante la piazza in cui si vorrebbe collocare la pesante installazione. Ma, sebbene si sia ad un passo dall’invocare l’inagibilità di place de Tokyo – rischiando di creare una confusione generale presso il comune di Parigi – questo passo del ministro non è ancora stato compiuto. E questo anche in considerazione del fatto che l’installazione, per quanto variopinta e imponente, dovrà ad ogni costo trovare una collocazione, essendo dono diplomatico degli Stati Uniti.

La squadra di lavoro del sindaco Anne Hidalgo ribadisce che “il cantiere sarà aperto, senza ombra di dubbio”. La decisione di donare il Bouquet giunge da Jane D. Hartley e fu concepita come uno slancio di generosità. Nel novembre 2016, infatti, l’ex-ambasciatrice degli Stati Uniti suggerì a Jeff Koons di realizzare qualcosa per una Francia colpita dagli attentati. Come spiegò successivamente al Figaro: “Koons è pieno di gioia, lievemente insolente ed ottimista. È questo il messaggio che vogliamo far passare con questa testimonianza di amicizia”. All’epoca, e a tutt’oggi, il Centre Pompidou non possiede alcuna opera dell’artista, i cui prezzi sono inavvicinabili per le finanze pubbliche. Jeff Koons – che ha nomea di essere uomo attaccato al denaro – ha colto al volo l’occasione spiegando che “i fiori simbolizzano la vita che continua, e la mano il gesto di donare”. Il Bouquet potrebbe quasi essere considerato il pendant della statua della Libertà, donata all’America dalla Francia 130 anni fa, e della torcia che essa tiene in mano. Ma questo dono è più che altro una “idea” di dono. Infatti il progetto del Bouquet, la cui realizzazione e installazione è stimata a 3,5 milioni di euro, non è arrivato completo di sponsorizzazione a copertura della spesa. Koons, uomo ben organizzato, insieme alla galleria de Noirmont che lo rappresenta, hanno quindi fatto il giro dei grandi mecenati franco-americani e nell’arco di un anno hanno raccolto presso alcune imprese (la metà delle quali americane) i denari necessari, anche col supporto di Fonds pour Paris (organizzazione per la ricerca di sponsorizzazioni a favore della capitale francese – ndt). “Non abbiamo aspettato i finanziamenti per iniziare la costruzione dell’opera”, sottolinea Emmanuelle de Noirmont.

Insomma, volenti o nolenti, questa installazione verrà un giorno inaugurata – o nella zona del Trocadéro, o altrove. E finirà per attrarre turisti e alimentare le foto ricordo. Koons diventerà dunque un’icona per la città di Parigi? È esattamente ciò che temono i detrattori del Bouquet of Tulips.

© Claire Bommelaer, 2018, Le Figaro