Un sistema sanitario completamente gratuito produce insegnanti che umiliano i bambini grassi...
L’inevitabile conseguenza del modo in cui viene gestito il servizio sanitario pubblico è uno statalismo che arriva fino al punto di fare da balia ai propri cittadini. Ecco perché non sorprende minimamente una recente nuova proposta: l’Ofsted – l’organismo di controllo degli istituti scolastici inglesi – dovrebbe giudicare le scuole non soltanto in base ai risultati accademici raggiunti, ma anche in merito alla loro capacità di ridurre il livello di obesità degli allievi.
A grandi linee, la proposta si fonda su questo ragionamento: molti bambini sono tanto grassi da poter essere considerati malati; inoltre, l’obesità costa miliardi alla Sanità pubblica; di conseguenza, i genitori dovranno subire le ingerenze degli insegnanti, incaricati di correggere le loro cattive abitudini.
È un ragionamento che potrebbe avere successo. Molti di noi, infatti, ritengono che gli altri genitori siano degli incapaci nel loro ruolo, e pensano quindi che sia giusto costringerli a seguire alcune indicazioni fornite direttamente dallo Stato; soprattutto perché il costo dei loro pessimi metodi educativi finisce col ricadere sull’intera comunità, costringendo tutti a pagare le cure che il servizio sanitario pubblico fornisce ai figli di questi genitori inadeguati.
Bisogna però valutare a cosa può condurre tutto questo. Già adesso vengono tassati i prodotti considerati nocivi: l’imposta sulle bevande zuccherate, ad esempio, è stata concepita per spingerci a compiere scelte più salutari. Le associazioni mediche, i funzionari del settore sanitario e i politici chiedono con insistenza che questo criterio venga applicato anche ad altri prodotti, giustificando tali interventi con la necessità di proteggerci da noi stessi, ma soprattutto con la motivazione che “faranno risparmiare miliardi al sistema sanitario pubblico”. Ma la cosa preoccupante non è tanto che questi provvedimenti ci deresponsabilizzano, concedono poteri eccessivi ai funzionari statali (molti dei quali a loro volta obesi), o semplicemente rendono la nostra vita più costosa. Il vero problema è un altro: accettare il principio secondo cui dalle nostre scelte derivano benefici per i singoli ma spese per tutti, significherebbe giustificare qualsiasi tipo di imposizione, dall’attività fisica obbligatoria nelle scuole al divieto di fruire di molti prodotti di largo consumo. E questo, in una società libera, è davvero inaccettabile.
La questione presenta due aspetti. Da una parte, il servizio sanitario, essendo totalmente finanziato dai proventi fiscali, è concepito con lo scopo specifico di proteggerci dalle conseguenze dei nostri stessi errori. Funziona quindi come una rete di salvataggio, ma diventa deleterio dal punto di vista della responsabilità individuale, in quanto garantisce che, qualora abusassimo dei nostri corpi, ci sarà sempre qualcun altro a rimettere insieme i pezzi. Dall’altra parte, la progressiva riduzione della responsabilità individuale genera costosi problemi di salute, problemi che la sanità statale è moralmente obbligata ad affrontare. E già adesso non dispone di fondi sufficienti per sopperire all’aumento delle richieste di assistenza, dovute in gran parte a uno stile di vita scorretto.
Al momento, i nostri politici si stanno confrontando per stabilire in quale modo poter garantire una base economica duratura all’assistenza sanitaria, e stanno valutando diverse soluzioni, fra le quali un aumento delle imposte ed eventualmente anche l’introduzione di una tassa specifica per il sistema sanitario pubblico. La questione, però, dovrebbe essere considerata da un’altra prospettiva: vogliamo andare avanti con un sistema fortemente nazionalizzato, che concede allo Stato il potere di intervenire in maniera sempre più invasiva sul nostro stile di vita? O vogliamo trovare una soluzione alternativa al problema, come ad esempio l’introduzione del pagamento di un ticket specifico per cure particolari, in modo che il costo dei nostri errori ricada in misura maggiore sulle nostre spalle?
Questo non impedirebbe alla gente di compiere scelte poco salutari – l’autoritarismo dovrebbe raggiungere livelli spaventosi, per poterlo fare –, ma personalmente è la scelta che preferisco. E si tratta di un sistema ampiamente utilizzato anche in altri Paesi che, al pari del Regno Unito, garantiscono un’assistenza sanitaria universale.
© Telegraph Media Group Limited (2018)
Un sistema sanitario completamente gratuito produce insegnanti che umiliano i bambini grassi...
L’inevitabile conseguenza del modo in cui viene gestito il servizio sanitario pubblico è uno statalismo che arriva fino al punto di fare da balia ai propri cittadini. Ecco perché non sorprende minimamente una recente nuova proposta: l’Ofsted – l’organismo di controllo degli istituti scolastici inglesi – dovrebbe giudicare le scuole non soltanto in base ai risultati accademici raggiunti, ma anche in merito alla loro capacità di ridurre il livello di obesità degli allievi.
A grandi linee, la proposta si fonda su questo ragionamento: molti bambini sono tanto grassi da poter essere considerati malati; inoltre, l’obesità costa miliardi alla Sanità pubblica; di conseguenza, i genitori dovranno subire le ingerenze degli insegnanti, incaricati di correggere le loro cattive abitudini.
È un ragionamento che potrebbe avere successo. Molti di noi, infatti, ritengono che gli altri genitori siano degli incapaci nel loro ruolo, e pensano quindi che sia giusto costringerli a seguire alcune indicazioni fornite direttamente dallo Stato; soprattutto perché il costo dei loro pessimi metodi educativi finisce col ricadere sull’intera comunità, costringendo tutti a pagare le cure che il servizio sanitario pubblico fornisce ai figli di questi genitori inadeguati.
Bisogna però valutare a cosa può condurre tutto questo. Già adesso vengono tassati i prodotti considerati nocivi: l’imposta sulle bevande zuccherate, ad esempio, è stata concepita per spingerci a compiere scelte più salutari. Le associazioni mediche, i funzionari del settore sanitario e i politici chiedono con insistenza che questo criterio venga applicato anche ad altri prodotti, giustificando tali interventi con la necessità di proteggerci da noi stessi, ma soprattutto con la motivazione che “faranno risparmiare miliardi al sistema sanitario pubblico”. Ma la cosa preoccupante non è tanto che questi provvedimenti ci deresponsabilizzano, concedono poteri eccessivi ai funzionari statali (molti dei quali a loro volta obesi), o semplicemente rendono la nostra vita più costosa. Il vero problema è un altro: accettare il principio secondo cui dalle nostre scelte derivano benefici per i singoli ma spese per tutti, significherebbe giustificare qualsiasi tipo di imposizione, dall’attività fisica obbligatoria nelle scuole al divieto di fruire di molti prodotti di largo consumo. E questo, in una società libera, è davvero inaccettabile.
La questione presenta due aspetti. Da una parte, il servizio sanitario, essendo totalmente finanziato dai proventi fiscali, è concepito con lo scopo specifico di proteggerci dalle conseguenze dei nostri stessi errori. Funziona quindi come una rete di salvataggio, ma diventa deleterio dal punto di vista della responsabilità individuale, in quanto garantisce che, qualora abusassimo dei nostri corpi, ci sarà sempre qualcun altro a rimettere insieme i pezzi. Dall’altra parte, la progressiva riduzione della responsabilità individuale genera costosi problemi di salute, problemi che la sanità statale è moralmente obbligata ad affrontare. E già adesso non dispone di fondi sufficienti per sopperire all’aumento delle richieste di assistenza, dovute in gran parte a uno stile di vita scorretto.
Al momento, i nostri politici si stanno confrontando per stabilire in quale modo poter garantire una base economica duratura all’assistenza sanitaria, e stanno valutando diverse soluzioni, fra le quali un aumento delle imposte ed eventualmente anche l’introduzione di una tassa specifica per il sistema sanitario pubblico. La questione, però, dovrebbe essere considerata da un’altra prospettiva: vogliamo andare avanti con un sistema fortemente nazionalizzato, che concede allo Stato il potere di intervenire in maniera sempre più invasiva sul nostro stile di vita? O vogliamo trovare una soluzione alternativa al problema, come ad esempio l’introduzione del pagamento di un ticket specifico per cure particolari, in modo che il costo dei nostri errori ricada in misura maggiore sulle nostre spalle?
Questo non impedirebbe alla gente di compiere scelte poco salutari – l’autoritarismo dovrebbe raggiungere livelli spaventosi, per poterlo fare –, ma personalmente è la scelta che preferisco. E si tratta di un sistema ampiamente utilizzato anche in altri Paesi che, al pari del Regno Unito, garantiscono un’assistenza sanitaria universale.
© Telegraph Media Group Limited (2018)
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