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Una collezione da far girare la testa

Mantegna, Tiziano, Correggio, Van Dyck… A Londra, la mostra dell’anno: una parte consistente della collezione del re Carlo I è stata riunita presso la Royal Academy of Arts.

«Addio, Maestà, balbettò Athos pietrificato dal terrore… E con voce piena e sonora, tale da poter essere udita non soltanto sul patibolo, ma addirittura sulla piazza, il re rispose: Remember…».

A chiunque abbia letto il romanzo Vent’anni dopo non può non essere rimasto impresso nella memoria il modo in cui Alexandre Dumas racconta la decapitazione di Carlo I Stuart, il 30 gennaio 1649, di fronte alla Banqueting House – dove oggi ci si reca per ammirare i soffitti di Rubens. Tuttavia, ciò che Dumas, trascinato dall’azione, non ha rivelato ai suoi lettori, è che quel giorno morì uno dei più grandi collezionisti di tutti i tempi. Quest’anno, per celebrare i 250 anni della Royal Academy, una mostra spettacolare, esaltante quanto un romanzo di cappa e spada, rievoca la passione per l’arte del più sventurato dei monarchi britannici. Il Louvre, senza esitare, ha ceduto in prestito il grande ritratto de re, che in tal modo attraversa la Manica per la seconda volta nella storia: realizzato da Van Dyck, è lo stesso che Luigi XVI teneva appeso nei suoi appartamenti…

Il moltiplicarsi delle acquisizioni

Erede di una collezione già all’epoca considerata di grandissimo pregio, e nella quale figurano, tra gli altri, Tiziano, Tintoretto e Jacopo Bassano, Carlo I - consigliato in particolare dal suo amico il duca di Buckingham, come lui grande appassionato d’arte, ha continuato senza tregua ad acquistare opere d’arte facendo crescere considerevolmente il volume della collezione. Acquisì, tra le altre, la collezione dei Gonzaga, con la celebre serie dei Trionfi di Cesare del Mantegna. Le nove tele monumentali, conservate a Hampton Court, sono state collocate nella mostra in posizione attigua ad una sala grandiosa, all’interno della quale è esposta una stupefacente serie di arazzi - prestito dal Demanio francese - realizzati nella manifattura di Mortlake a partire dai “cartoni” di Raffaello. Gli arazzi furono acquisiti per conto di Luigi XIV, in occasione delle vendite successive alla morte di Carlo: in pratica rimasero in famiglia, visto che Carlo Stuart, sposando Enrichetta di Francia, sorella di Luigi XIII, era diventato lo zio del Re Sole. Ma il grande favorito del re era Van Dyck, i cui celebri ritratti del sovrano e della sua famiglia vengono, grazie questa mostra, messi a confronto per la prima volta. Tra essi figura anche il famoso triplo ritratto (Ritratto di Carlo I in tre posizioni - ndt), propedeutico ad un busto del Bernini andato distrutto[1].

Di sala in sala, lo stupore è totale: Dürer, Holbein, Bruegel il Vecchio – prestito eccezionale della Frick Collection di New York -, Rembrandt, Velazquez, Tiziano (la Cena in Emmaus, dal Louvre), Rubens… Affiancate tra loro, due opere di Orazio Gentileschi – Lot e le figlie, dal Museo di Belle Arti di Bilbao, e Giuseppe e la moglie di Putifarre, appartenente alla Royal Collection della Regina Elisabetta II – producono un effetto ammirevole, una indimenticabile armonia di colori e di gesti.

Naturalmente, non tutto è presente: a questa splendida mostra mancano infatti alcuni prestiti impossibili da ottenere, come il Salvator Mundi di Leonardo da Vinci, recentemente venduto all’asta per 450 milioni di dollari. Ma di fronte a tanti e tali capolavori, le lacune vengono presto dimenticate. D’altronde, il romanzo di Dumas Vent’anni dopo ha un seguito: Il Visconte di Bragelonne[2], nel quale D’Artagnan aiuta Carlo II a riconquistare il trono di suo padre. Possiamo dire che l’Inghilterra di oggi ama le “serie” esattamente come la Francia di Dumas apprezzava i feuilletons. Questa “seconda stagione” è attualmente in corso alla Queen’s Gallery, adiacente a Buckingham Palace, e corrisponde alla mostra “Charles II. Art and Power”. Ne tratteremo in questa stessa rubrica, la prossima settimana.

La mostra “Charles I: King and Collector” è visitabile alla Royal Academy of Arts, a Londra, fino al 15 aprile 2018. Il catalogo (£28) è a cura di Christopher Le Brun, Per Rumberg e Desmond Shawe-Taylor. La prefazione è di S.A.R. il principe di Galles.


[1] Fu infatti distrutto durante l’incendio che colpì il palazzo di Whitehall nel 1698 - ndt.

[2] I due romanzi fanno entrambi parte del Ciclo dei Moschettieri, una trilogia che si apre con I tre moschettieri (1848) - ndt.

© Adrien Goetz, 2018, Le Figaro