Vince la cultura britannica dell’assistenzialismo e tutti ne paghiamo il prezzo
La stazione di polizia nel mio quartiere sta chiudendo, come altre trentasette a Londra. Negli ultimi dieci anni, ne sono state chiuse circa 400, in Inghilterra e in Galles: si cerca di andare avanti con budget sempre più ridotti, eliminando servizi che i contribuenti desiderano ma mantenendo ciò che ad essi non serve. E ora, un'ennesima spending review minaccia di ridurre ulteriormente le forze di sicurezza. Il generale sir Richard Barrons, ex comandante delle Forze Armate, ha recentemente dichiarato alla Commissione parlamentare ristretta per la Difesa che il Regno Unito corre “gravi rischi” ai quali le forze armate non sono in grado di far fronte. Senza uno stanziamento supplementare di due miliardi di sterline, si rischia l’implosione.
Nel giorno di presentazione della legge di bilancio, appaiono in tutta chiarezza le scelte di spesa che compiamo come nazione o, piuttosto, le scelte di spesa che altri assumono in nostro nome. La maggior parte delle persone gradirebbe la presenza rassicurante di una stazione di polizia vicino casa, anche se di solito non si rivolge ad essa. I cittadini sarebbero lieti di sapere che il paese possiede adeguate forze militari e non risparmia in materia di difesa. A differenza della sanità o dell'istruzione, si tratta di servizi che non possiamo procurarci in autonomia. Eppure, oggi viene data priorità ai programmi di assistenza, ai sussidi, ai “diritti acquisiti”, non alle necessità fondamentali.
Da quando il partito laburista è salito al potere nel 1997, il numero di programmi che prevedono spese di assistenza e sussidi è notevolmente aumentato. Trasporti e televisione gratuiti per gli anziani, sgravi sulle spese di riscaldamento invernale, scuola materna gratuita, pasti scolastici gratuiti, sussidi alla cura dei minori, incentivi allo studio, e un’enorme espansione di aiuti all'estero. Oggi, spendiamo per rate e interessi sul debito lo stesso importo che destiniamo alla difesa; spendiamo più in sussidi per gli alloggi di quanto allochiamo alle forze di polizia.
Nel documento di programmazione finanziaria, Philip Hammond (Cancelliere dello Scacchiere, ovvero Ministro del Tesoro - NdT) probabilmente annuncerà la concessione di tariffe ferroviarie agevolate per i giovani allo scopo di colmare il presunto gap intergenerazionale. Visto che tale iniziativa sarà finanziata attraverso il debito, gli stessi giovani dovranno prima o poi ripagare tali benefici in futuro, oppure, molto probabilmente, trasferiranno il debito ai propri figli. L'ultima volta che il Regno Unito ha avuto un surplus di bilancio è stato negli anni boom del 2001 e del 2002, prima che Gordon Brown riaprisse i rubinetti della spesa pubblica. A partire dal 1960, solo per sette volte i conti pubblici non sono risultati in perdita, e, data l'incertezza della Brexit, sarebbe azzardato fare previsioni per il futuro.
Tuttavia, il debito rappresenta solo una parte del quadro globale. Secondo il report del Tesoro sulle spese degli organismi pubblici (Whole of Government Accounts), il debito totale sale a 3,5 trilioni di sterline (quasi 4000 miliardi di euro) se si includono anche le pensioni del settore pubblico. Secondo calcoli indipendenti non ufficiali, la cifra potrebbe arrivare a 8,6 trilioni di sterline (9770 miliardi di euro), quanto basta per avviarsi verso un duro periodo di austerity.
Per fortuna, Hammond continua a tenere d'occhio le entrate fiscali quando molti, anche nel suo partito, vorrebbero che accogliesse la proposta di spesa avanzata dai laburisti che prevede il taglio delle rette per l'istruzione superiore e l’aumento dei salari per i lavoratori pubblici. Si tratta di un approccio pericoloso. La spesa pubblica si aggira ora intorno al 41% del PIL e con Jeremy Corbyn andrebbe ancora più in alto.
Il motivo principale per cui abbiamo una situazione di deficit quasi permanente a partire dagli anni ’60, risiede nell’esplosione di sussidi, sgravi e contributi, che ha in qualche modo infranto il principio contributivo sostenuto e difeso da Beveridge[1] (pagare qualcosa, avere qualcosa). Indipendentemente da quanto si è contribuito, lo Stato oggi elargisce denaro ai cittadini sulla base dell’appartenenza a categorie sociali, non sulla base degli effettivi bisogni. E i “diritti”, una volta stabiliti, sono ritenuti non più revocabili.
Quando i miei figli erano piccoli, ad esempio, la scuola materna non era gratuita. Eppure, non solo questa nuova forma di assistenzialismo prosegue malgrado il nostro indebitamento, ma è stata estesa per ingraziarsi il favore di determinati gruppi di elettori. Guai al Ministro del Tesoro che osi tagliarla… Nel tempo, tali sussidi hanno sostituito i benefici basati sulla contribuzione e hanno creato risentimento fra i cittadini che pagano le tasse per finanziarli e che, a loro volta, non sono soddisfatti dei servizi ricevuti dallo Stato.
In un mondo non collettivista, i contribuenti potrebbero aspirare a una migliore istruzione per i propri figli e a livelli più elevati di assistenza sociale e sanitaria, se fossero in grado di usare i propri soldi per acquistare ciò che desiderano, non per ricevere ciò che loro non serve.
Avremmo dovuto iniziare a disgiungere il welfare individuale dalla spesa pubblica anni fa, quando il Paese era più ricco, lasciando allo Stato soltanto l’assistenza per i più poveri. Invece, idee “forti”, come i voucher per un’istruzione di livello superiore o la compartecipazione nel costo sanitario sono state spazzate via. Rincuora il fatto che Hammond si sia impegnato a ridurre la spesa, ma, come diversi Ministri del Tesoro degli ultimi tempi, non riesce a incidere sul quadro globale, oppure, probabilmente, non è in grado di farlo.
Ci troviamo oggi nella situazione, perversa, di chi riduce continuamente l’erogazione di beni e servizi che lo Stato è tenuto a fornire – difesa, forze di sicurezza, infrastrutture – mentre i partiti competono tra loro per promettere ai cittadini beni e servizi che questi potrebbero e dovrebbero procurasi da sé. Coloro che chiedono una riduzione al 30% circa del peso della spesa pubblica sul Pil, con una riduzione corrispondente del carico fiscale, in modo da incentivare produttività e crescita, sono praticamente ridotti al silenzio.
Siamo destinati ad accumulare debiti e, di tanto in tanto, a dare una sforbiciata che produce ben pochi risultati. Vince, purtroppo, la cultura dell’assistenzialismo.
[1] William Beveridge, economista della prima metà del ‘900, è considerato il teorizzatore ed il padre dello stato sociale britannico (NdT).
© Telegraph Media Group Limited (2017)
Vince la cultura britannica dell’assistenzialismo e tutti ne paghiamo il prezzo
La stazione di polizia nel mio quartiere sta chiudendo, come altre trentasette a Londra. Negli ultimi dieci anni, ne sono state chiuse circa 400, in Inghilterra e in Galles: si cerca di andare avanti con budget sempre più ridotti, eliminando servizi che i contribuenti desiderano ma mantenendo ciò che ad essi non serve. E ora, un'ennesima spending review minaccia di ridurre ulteriormente le forze di sicurezza. Il generale sir Richard Barrons, ex comandante delle Forze Armate, ha recentemente dichiarato alla Commissione parlamentare ristretta per la Difesa che il Regno Unito corre “gravi rischi” ai quali le forze armate non sono in grado di far fronte. Senza uno stanziamento supplementare di due miliardi di sterline, si rischia l’implosione.
Nel giorno di presentazione della legge di bilancio, appaiono in tutta chiarezza le scelte di spesa che compiamo come nazione o, piuttosto, le scelte di spesa che altri assumono in nostro nome. La maggior parte delle persone gradirebbe la presenza rassicurante di una stazione di polizia vicino casa, anche se di solito non si rivolge ad essa. I cittadini sarebbero lieti di sapere che il paese possiede adeguate forze militari e non risparmia in materia di difesa. A differenza della sanità o dell'istruzione, si tratta di servizi che non possiamo procurarci in autonomia. Eppure, oggi viene data priorità ai programmi di assistenza, ai sussidi, ai “diritti acquisiti”, non alle necessità fondamentali.
Da quando il partito laburista è salito al potere nel 1997, il numero di programmi che prevedono spese di assistenza e sussidi è notevolmente aumentato. Trasporti e televisione gratuiti per gli anziani, sgravi sulle spese di riscaldamento invernale, scuola materna gratuita, pasti scolastici gratuiti, sussidi alla cura dei minori, incentivi allo studio, e un’enorme espansione di aiuti all'estero. Oggi, spendiamo per rate e interessi sul debito lo stesso importo che destiniamo alla difesa; spendiamo più in sussidi per gli alloggi di quanto allochiamo alle forze di polizia.
Nel documento di programmazione finanziaria, Philip Hammond (Cancelliere dello Scacchiere, ovvero Ministro del Tesoro - NdT) probabilmente annuncerà la concessione di tariffe ferroviarie agevolate per i giovani allo scopo di colmare il presunto gap intergenerazionale. Visto che tale iniziativa sarà finanziata attraverso il debito, gli stessi giovani dovranno prima o poi ripagare tali benefici in futuro, oppure, molto probabilmente, trasferiranno il debito ai propri figli. L'ultima volta che il Regno Unito ha avuto un surplus di bilancio è stato negli anni boom del 2001 e del 2002, prima che Gordon Brown riaprisse i rubinetti della spesa pubblica. A partire dal 1960, solo per sette volte i conti pubblici non sono risultati in perdita, e, data l'incertezza della Brexit, sarebbe azzardato fare previsioni per il futuro.
Tuttavia, il debito rappresenta solo una parte del quadro globale. Secondo il report del Tesoro sulle spese degli organismi pubblici (Whole of Government Accounts), il debito totale sale a 3,5 trilioni di sterline (quasi 4000 miliardi di euro) se si includono anche le pensioni del settore pubblico. Secondo calcoli indipendenti non ufficiali, la cifra potrebbe arrivare a 8,6 trilioni di sterline (9770 miliardi di euro), quanto basta per avviarsi verso un duro periodo di austerity.
Per fortuna, Hammond continua a tenere d'occhio le entrate fiscali quando molti, anche nel suo partito, vorrebbero che accogliesse la proposta di spesa avanzata dai laburisti che prevede il taglio delle rette per l'istruzione superiore e l’aumento dei salari per i lavoratori pubblici. Si tratta di un approccio pericoloso. La spesa pubblica si aggira ora intorno al 41% del PIL e con Jeremy Corbyn andrebbe ancora più in alto.
Il motivo principale per cui abbiamo una situazione di deficit quasi permanente a partire dagli anni ’60, risiede nell’esplosione di sussidi, sgravi e contributi, che ha in qualche modo infranto il principio contributivo sostenuto e difeso da Beveridge[1] (pagare qualcosa, avere qualcosa). Indipendentemente da quanto si è contribuito, lo Stato oggi elargisce denaro ai cittadini sulla base dell’appartenenza a categorie sociali, non sulla base degli effettivi bisogni. E i “diritti”, una volta stabiliti, sono ritenuti non più revocabili.
Quando i miei figli erano piccoli, ad esempio, la scuola materna non era gratuita. Eppure, non solo questa nuova forma di assistenzialismo prosegue malgrado il nostro indebitamento, ma è stata estesa per ingraziarsi il favore di determinati gruppi di elettori. Guai al Ministro del Tesoro che osi tagliarla… Nel tempo, tali sussidi hanno sostituito i benefici basati sulla contribuzione e hanno creato risentimento fra i cittadini che pagano le tasse per finanziarli e che, a loro volta, non sono soddisfatti dei servizi ricevuti dallo Stato.
In un mondo non collettivista, i contribuenti potrebbero aspirare a una migliore istruzione per i propri figli e a livelli più elevati di assistenza sociale e sanitaria, se fossero in grado di usare i propri soldi per acquistare ciò che desiderano, non per ricevere ciò che loro non serve.
Avremmo dovuto iniziare a disgiungere il welfare individuale dalla spesa pubblica anni fa, quando il Paese era più ricco, lasciando allo Stato soltanto l’assistenza per i più poveri. Invece, idee “forti”, come i voucher per un’istruzione di livello superiore o la compartecipazione nel costo sanitario sono state spazzate via. Rincuora il fatto che Hammond si sia impegnato a ridurre la spesa, ma, come diversi Ministri del Tesoro degli ultimi tempi, non riesce a incidere sul quadro globale, oppure, probabilmente, non è in grado di farlo.
Ci troviamo oggi nella situazione, perversa, di chi riduce continuamente l’erogazione di beni e servizi che lo Stato è tenuto a fornire – difesa, forze di sicurezza, infrastrutture – mentre i partiti competono tra loro per promettere ai cittadini beni e servizi che questi potrebbero e dovrebbero procurasi da sé. Coloro che chiedono una riduzione al 30% circa del peso della spesa pubblica sul Pil, con una riduzione corrispondente del carico fiscale, in modo da incentivare produttività e crescita, sono praticamente ridotti al silenzio.
Siamo destinati ad accumulare debiti e, di tanto in tanto, a dare una sforbiciata che produce ben pochi risultati. Vince, purtroppo, la cultura dell’assistenzialismo.
[1] William Beveridge, economista della prima metà del ‘900, è considerato il teorizzatore ed il padre dello stato sociale britannico (NdT).
© Telegraph Media Group Limited (2017)
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